Gli anticipi-posticipi infrasettimanali Under. Un calcio alle regole base

L'Editoriale del nostro direttore Paolo Ghisoni su quanto accade nei turni di campionato dei nostri ragazzi.
31.12.2023 15:00 di  Stefano Rossoni   vedi letture
Gli anticipi-posticipi infrasettimanali Under. Un calcio alle regole base

Uno delle icone del calcio giovanile italiano, Mino Favini, aveva un assioma di base ben preciso. Lo vogliamo recitare in dialetto lombardo, anche se la traduzione pensiamo possa arrivare a tutti. “Te vet mal a scola? Te giughet no al balòn fin che mi sun chi…”.

Quante volte si sente parlare (solo parlare, sia chiaro) da parte di associazioni di categoria o leghe del famoso piano “B” legato all’istruzione, al prendersi comunque un diploma. Senza contare la moltitudine di percorsi regionali contro la dispersione scolastica. Eppure Il fenomeno italiota di vestire i panni dei “grandi”, anticipando o posticipando gare in pieno orario didattico, è diventata lentamente una consuetudine. Lo ha inaugurato brillantemente la Lega Serie A, con lo spezzatino di un campionato che teoricamente, con molti maggiorenni in squadra (e quindi con il percorso scolastico finito) poteva avere liceità di essere. Salvo poi evidenziare che il format, prevedendo più annate coinvolte, contempla anche la presenza sia di studenti ancora in corso che saltano lezioni. Oltre ad altri che, “incentivati” da questa scelta obbligata, ne approfittano per togliere il dente e il dolore, abbandonando addirittura la scuola.

Niente da dire. Un ottima campagna di valorizzazione del percorso legato all’istruzione. Come se le recenti imbarazzanti statistiche che evidenziano come dopo 5 anni dal termine dell’attività calcistica, il 50% degli ex calciatori è a rischio indigenza, non contemplando il famoso “lavoro” alternativo, fossero solo una storiella da promuovere a proprio uso e consumo da alcuni stakeholders. Hai voglia a promuovere, soprattutto come LGI, esempi di ragazzi che “combattono” coi fatti questa bieca tendenza anacronistica. Profili che al pubblico social dicono pochino. Vitturini, Giraudo, Maggiore (si, quello che ha rinunciato ad un Mondiale Under 20 per non saltare la maturità…) sino a profili come Odogwu, al Sud Tirol, bi -laureato e bomber in attività. Sarebbe da chiedere a loro (ah no, lo faremo, bella idea come rubrica) cosa ne pensano di questa forma rispettosa di calcio sostenibile in chiave educazione didattica.

Oltre che al Ministro dello Sport Andrea Abodi, uno che si è battuto per ottenere lo Sport nella costituzione italiana. E che crediamo, viste le numerose battaglie in corso contro burocrazia e potentati, ignori totalmente questa deriva. Anche perché, si sa, le peggiori abitudini attiscono sempre con facilità. E dalla Primavera si scende di età e categorie nel mondo, badate bene, del settore giovanile & scolastico (???!!). Che da mesi propone e propina eguale ricetta spezzatino. Addirittura con gare in trasferta lungo la dorsale della penisola che comportano piu’ giorno di assenza. Con professori infastiditi per la motivazione e pronti a infierire su studenti che non vedono l’ora di mollare e dedicarsi “solo” al pallone.

Che dire, solo applausi quindi per questo corto circuito in itinere e l’assonanza identitaria del percorso sui futuri protagonisti del calcio azzurro… Il grido d’allarme è che non “andiamo ai Mondiali” perché si gioca molto meno di prima, perché i ragazzi d’oggi hanno meno passione e più vizi, perché ci sono troppi stranieri. E se ci aggiungessimo anche “perché un sistema cosi conflittual-demenziale”, senza nessuna garanzia di impiego e sostenibilità, sta distruggendo le regole base portate avanti da decenni da veri RESPONSABILI di settori giovanili?

Vi faremmo riflettere con un invito a indagare sul movimento francese. Sapete quanti campioni del mondo del 1998 della Equipe transalpina erano diplomati? Semplicemente tutti. Chiedere ai diretti interessati per conferma. Eppure anche noi, con qualche esempio sporadico avventuratosi anche al piano superiore (Raspadori, Pessina, Buongiorno, Pobega, Meret, Spinazzola in zona laurea) potremmo fare “scuola” in tal senso. O forse, visto l’andazzo, nell’unico senso possibile.

Nel rispetto di chi ha sempre portato avanti gli insegnamenti e le priorità di una crescita normale.