Italia-Germania U21: quando il talento cresce a velocità diverse

Abbiamo già parlato - e scritto - a lungo, nelle settimane scorse, della scarsa continuità con cui molti dei nostri giocatori arrivano a disputare gli Europei Under 21 (clicca QUI per recuperare il nostro editoriale). Lo abbiamo fatto analizzando i minuti effettivi di utilizzo in stagione, spesso risicati, spesso frammentati, spesso figli di un sistema che ancora fatica a dare fiducia ai giovani nei campionati principali. Ma stavolta siamo andati ancora un po’ più in profondità. E il confronto diretto con la Germania, nostra prossima avversaria ai quarti, restituisce numeri che, francamente, dovrebbero far riflettere.
Prendendo in esame i minuti collezionati nei rispettivi campionati nazionali dai titolari delle due formazioni all'esordio agli Europei Under 21, senza tener conto delle diverse coppe (spesso terreno di “rotazioni” e sperimentazioni), emerge un divario netto: 19507 minuti totali per i tedeschi contro i 16407 degli italiani. Una differenza di 3100 minuti, che "tradotto" in termini di partite, vuol dire che i titolari della Germania hanno giocato complessivamente circa 34 gare in più rispetto ai nostri.
Se poi allarghiamo lo sguardo ai numeri offensivi, il quadro non si fa più confortante. Sommando i gol realizzati, sempre nei rispettivi campionati da questi stessi titolari, la Germania vola a quota 40 gol, con Woltemade e Nebel addirittura in doppia cifra in Bundesliga. L’Italia si ferma a 16: nemmeno la metà. Gnonto fa il suo con 9 reti, sì, ma in Championship: il secondo livello inglese. In Serie A, il nostro miglior realizzatore è Fabbian con 3 gol, tra l'altro uno dei titolari meno impiegati in stagione (1.010 minuti), appena sopra a Prati e Baldanzi.
E mentre la Spagna ha potuto "lasciare a casa" un'infinità di giocatori già protagonisti tra i grandi come Yamal, Pedri, Gavi, Nico Williams, Cubarsí e non solo, anche la Germania avrebbe avuto l'opportunità di contare su talenti ormai definitivamente affermati nella Nazionale maggiore: su tutti Wirtz e Musiala. Ma non solo, perchè c’erano profili meno "appariscenti" come quello di Pavlovic, classe 2005 del Bayern Monaco, che ha già raggiunto le 40 presenze in Bundesliga, 8 in Champions League e ben 5 con la Nazionale. E l’Italia? Avrebbe potuto contare, ad esempio, su Udogie, già aggregato alla Nazionale maggiore. Ma capite che la differenza è palese, soprattutto con i primi due nomi citati...
Va detto, a parziale bilancio positivo, che il gruppo italiano è almeno più giovane: 3 i nati nel 2002 convocati per l’Italia, contro i 9 della Germania. Anche se i tedeschi possono vantare pure 3 classe 2005. Noi nessuno: l’unico possibile sarebbe stato Pio Esposito, rimasto però fuori da questi Europei. L'età media dei nostri titolari nelle prime tre gare è stata di 21,4 anni, mentre la Germania ha schierato una media di 21,9 nelle prime due partite, scesa poi proprio a 21,4 nell’ultima contro l’Inghilterra. Un segnale, almeno questo, che indica come l'Italia Under 21 abbia voluto puntare fortemente sui 2003 (ben 15 in rosa) e su qualche 2004 di prospettiva come Koleosho, Pisilli e Kayode.
Il problema è che, mentre molti dei nostri iniziano solo ora ad assaporare minuti veri e responsabilità reali, altrove - alla stessa età - ci si è già affermati in contesti di alto livello. È qui che si gioca un'altra partita, parallela a quella dei 90 minuti. Una sfida di sistema, di fiducia, di investimenti nei giovani. E se il campo ci dirà presto chi avrà la meglio in questo Europeo, sarà poi il tempo (oltre alla continuità delle scelte) a dire chi saprà davvero costruire qualcosa di duraturo. Perché il talento, da solo, non basta: va messo nelle condizioni di crescere. E su questo terreno, la partita è ancora tutta aperta.