Dagli esordi con la Roma al U Cluj in Romania! L'Intervista a Capradossi

Dopo la retrocessione in Serie C con il Cittadella,Elio Capradossi ha scelto l’U Cluj: “Un’opportunità stimolante. Qui mi hanno voluto fortemente”
13.07.2025 10:00 di  Francesco Benincasa   vedi letture
©Elio Capradossi
©Elio Capradossi

Per Elio Capradossi, la stagione 2024/25 si è chiusa con l’amaro della retrocessione in Serie C con il Cittadella, ma si è subito aperta una nuova porta: quella dell’estero, per la prima volta nella sua carriera. Il difensore classe ’96 ha scelto di ripartire dalla Romania con l’U Cluj, protagonista negli ultimi anni di una rinascita culminata con la promozione nel 2022 e due stagioni solide nella SuperLiga.

Nel suo passato, un percorso importante nelle giovanili della Roma, l’esordio in Serie A, esperienze in Serie B con Bari, Spezia, Spal, Cagliari e Cittadella, ma anche due nazionali: prima l’Italia giovanile, poi l’Uganda, paese d’origine della madre. Oggi Capradossi guarda avanti con entusiasmo e voglia di riscatto.

Elio, partiamo dalla stagione appena conclusa, che purtroppo non è finita nel migliore dei modi…

"Sì, con il Cittadella purtroppo è finita male. La retrocessione è stata una grande delusione, c’è tanto rammarico. Però voglio ringraziare il club e il direttore Marchetti per l’opportunità. Ero fermo da un po’, svincolato e mi hanno accolto con fiducia. Sono arrivato a fine ottobre e mi hanno messo subito nelle condizioni di tornare a giocare. Ce la siamo giocata fino alla fine, i punti di distanza erano pochi… ma non è bastato".

E ora, per la prima volta, un’esperienza fuori dall’Italia…

"È la mia prima esperienza all’estero, Nazionale esclusa ovviamente. Sono molto entusiasta, sia dal punto di vista calcistico che personale. Nuova città, nuova lingua, una cultura diversa… è tutto molto stimolante. Mi ha sempre affascinato l’idea. Il direttore e l’allenatore dell’U Cluj mi hanno cercato con insistenza per settimane, facendomi sentire davvero voluto. Questo ha fatto la differenza nella mia scelta".

E il campionato in Romania inizia molto prima…

"Assolutamente, quando sono arrivato il ritiro era già iniziato da una decina di giorni, quindi sto lavorando per mettermi al passo. Le competizioni partono subito, c’è poco tempo per adattarsi".

Facciamo un salto indietro. Come nasce la tua passione per il calcio?

"Sicuramente da mio padre, che ha giocato alla Lodigiani. Da bambino bastava un pallone per accendere la scintilla. Poi il contesto familiare mi ha sempre supportato, soprattutto mio padre. Ho iniziato alla scuola calcio della Lazio, poi Spes Artiglio, Lodigiani… e infine il grande salto alla Roma".

E com'è stato quel passaggio alla Roma?

"Alla Lodigiani giocavamo già contro squadre come la Roma nei campionati Elite. Il livello era alto. Ma quando arrivi alla Roma, ti accorgi che entri davvero nel mondo del professionismo. Tutto è più strutturato, più competitivo. E anche l’ambiente ti fa capire dove puoi arrivare".

Ti sei ambientato subito?

"Sì, direi di sì. Ho legato con tanti compagni, molti dei quali sono amici ancora oggi. È stato un passaggio naturale".

Hai avuto un percorso importante nel settore giovanile romanista…

"È vero. Sono stati anni belli, intensi, pieni di emozioni. Ho avuto la fortuna di giocare in squadre forti, con tanti compagni che oggi sono professionisti. Abbiamo anche vinto la Primavera. E da tifoso romanista… era ancora più speciale".

E sei stato convocato anche dalla Nazionale italiana

"Sì, una bellissima esperienza. Ho giocato in tutte le selezioni giovanili, fino al Mondiale Under 20. Andare in giro per il Mondo con la maglia dell’Italia è un’emozione unica".

E poi è arrivata anche la chiamata dell’Uganda, la Nazione di tua madre…

"La federazione ugandese mi ha contattato un paio d’anni fa. Prima non c’erano mai stati contatti ufficiali. Io sento entrambe le mie radici, quindi ho accettato con piacere. È stato bello anche giocare subito in gare ufficiali: qualificazioni alla Coppa d’Africa e ora a quelle per il Mondiale".

E come ti trovi in questo contesto?

"Molto bene. Il calcio africano è diverso, ma mi sono ambientato facilmente. In Uganda si parla inglese, quindi nessun problema di comunicazione. Mi ha colpito anche il livello crescente delle infrastrutture e dell’organizzazione".

Torniamo ai club. C’è una figura che vuoi ringraziare per il tuo percorso nella Roma?

"Sicuramente Bruno Conti, che mi ha portato alla Roma, e Alberto De Rossi, che mi ha allenato per tre anni in Primavera. È stato fondamentale per la mia crescita. Lo è stato per tanti ragazzi".

Se ti dico 6 maggio 2018?

"Il mio esordio in Serie A, con la Roma. Una serata magica. Non me l’aspettavo, ma Di Francesco mi aveva preparato psicologicamente. Poco prima dell’inizio si è infortunato Manolas e mi hanno detto: “Tocca a te”. Neanche ho fatto riscaldamento. Due allunghi e via. È andata benissimo, abbiamo vinto e ci siamo qualificati in Champions. Tutto perfetto".

Però il debutto tra i grandi l’avevi già fatto a Bari

"Sì esatto, con il Bari in Serie B. Lì è stato il mio vero ingresso nel professionismo. Il passaggio dalla Primavera al calcio dei grandi è sempre tosto, ma quel percorso mi ha aiutato tanto".

Hai mai avuto difficoltà in quel passaggio?

"Non particolarmente. Ero già stato spesso in ritiro con la prima squadra, quindi ero abituato a stare vicino ai più vecchi nello spogliatoio. Però sì, devi alzare il livello: fisico, mentale, tecnico. È un altro mondo".

Nel nostro Almanacco ti abbiamo accostato ad Aldair e Juan. Ti riconosci in loro? Oggi prendi ispirazione da qualcuno?

"Oggi ci sono tanti giocatori che mi piacciono, ma non ho un vero e proprio idolo. Da ragazzo, però, ero molto affascinato da Juan. Giocava nella Roma mentre io crescevo nel settore giovanile e le sue caratteristiche mi colpivano tantissimo. Mi piaceva davvero tanto come difensore. Se qualcuno diceva che gli assomigliavo per stile di gioco, lo lasciavo dire, ma non sono mai stato uno che cercava paragoni. Quando dovevo prendere ispirazione, però, sicuramente pensavo a lui. Per quanto riguarda Aldair, è una leggenda, un monumento del calcio. Però lo percepisco in modo un po’ più distante, semplicemente perché non l’ho visto giocare dal vivo, essendo di un’altra generazione".

Tornando al presente, che stagione ti aspetti adesso? Possiamo dire che per te è una sorta di anno zero?

"Sicuramente sì, è stato uno dei motivi che mi ha spinto a fare questa scelta: ripartire, affrontare una realtà diversa, in una squadra comunque importante all’interno di questo campionato. L’obiettivo è fare il meglio possibile e vivere questa nuova esperienza all’estero, che rappresenta per me uno stimolo anche a livello personale. Ovviamente i miei obiettivi dovranno andare di pari passo con gli obiettivi di squadra".

Hai già pensato al futuro dopo il calcio?

"No, onestamente devo ancora strutturare come pensiero, quindi vedremo tra qualche anno. Adesso voglio concentrarmi soltanto sul campo che è per me la priorità assoluta".