Diario da Nyon. Il calcio italiano? Far away, so close...

Il calcio e l'ambiente svizzero che ha ospitato le finali di Youth League sono un universo calcistico parallelo al deprimente ambiente di contorno cui siamo abituati
27.04.2022 08:45 di  Lorenzo Canicchio   vedi letture
Fonte: La Giovane Italia - Paolo Ghisoni
Diario da Nyon. Il calcio italiano? Far away, so close...
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© foto di La Giovane Italia

Un meraviglioso prato opposto alla tribuna degli addetti ai lavori, diventato spalti con famiglie e bambini sparsi qua e là, con le maglie dei propri club, pronti a tifare pro (non contro). Dietro, una distesa verde di rettangoli da gioco a perdita vista. Zero insulti o genitori impazziti. Solo un assordante incitamento, mix tra tedesco, portoghese e (poco) italiano.

Poco semplicemente perché la Juventus, nella semifinale d'esordio contro il Benfica, dopo 9' di gara è già sotto 0-2. Complici emozione e convinzione tattica che si possa sempre costruire dal basso, arma che l'aveva portata alle final Eight con espressione di calcio sicuramente intrigante, chi arriva da Torino pensa sia già tutto finito e tende a spegnersi. Non Andrea Bonatti, coach bianconero. Che capisce il momento e da allenatore pienamente dentro il ruolo di formatore evita atteggiamenti disperati o schizofrenici (roba di casa nostra tipica) si rimbocca le maniche e guida con vocali secchi quanto perentori l'abc del proprio gruppo. Pochi tocchi, facili, riprendere a fare cose semplici. E la Juventus, complice anche un po' di indolenza portoghese, con qualche difensore a metà tra seconda squadra e Under 19, concede le chanche che servono per riacquisire autostima. Una traversa di Chibozo è il preludio alla sconsiderata uscita fuori area di Soares su Mulazzi. Rosso diretto e Juve che ha più di un ora per la rimonta. Che riesce, nel secondo tempo. Sempre Chibozo con un destro meraviglioso sotto la traversa e poi Turicchia, bomber stagionale da esterno difensivo di sinistra (7 in campionato). Inizia una estenuante opera di accerchiamento della Juventus sul Benfica, modello Little Bighorn. Il generale Custer portoghese che prova ogni tanto a spezzare l'assedio è uno dei 2004 più forti della manifestazione, Diego Moreira. Ma dopo i regolamentari, subito rigori. Gli stessi che con 5 su 5 dal dischetto avevano portato la Juve avanti negli ottavi contro l'Az. Questa volta Turco e Soulè si fanno ipnotizzare da Andre' Gomes, il subentrato a Soares, eroe per caso quando il ruolo era del 2002 Under 20 portoghese chiamato dalla segunda per rinforzare (?) il reparto.

Amarezza tanta. Ma tempo poco per crogiolarsi. Perché un'ora dopo un'altra partenza sprint, quella del Salisburgo trascinata da Roko Simic, 2003 figlio di Dario, giocatore di Milan e Inter, già ci ruba l'occhio. L'Atletico Madrid, reduce dal successo nei quarti sui rivali del Real detentori del trofeo, piglia una di quelle bambole calcistiche che poche volte si vedono come filosofia di tattica applicata alla situazione. Spiego. Abituati al retaggio che se segni 2 gol nei primi 10 di gara, tendi a pensare a come gestire e difendere il doppio vantaggio, accorgendoti che la macchina austriaca marcia in direzione opposta. Più segna, più aumenta l'intensità nel forcing ultraoffensivo. Quasi le reti centuplicassero le energie fisiche (mentali sicuramente) dei ragazzi di Renè Aufhauser. Per inciso ma mica troppo. Il modello Red Bull prevede una seconda squadre nella B austriaca della quale allenatore è proprio il coach prima citato. Un po' come se in Italia, La Juventus Under 23, unico club che ha aderito a questa idea, avesse un coach condiviso con la Primavera...  Finisce 5-0 per il Salisburgo e abbiamo la netta sensazione che il Benfica visto con la Juventus rischia la mattanza. Ma che? Mattanza che significa? No. Ma. Punto. Perchè scorrendo l'11 titolare appare dal nulla (semifinale non presente, manco in panchina, in quanto impegnato con la seconda squadra del Benfica, non trovi con il 9 Luis Semedo, autore dl 2-0 sulla Juventus. Ma tale Henrique Arajio. Non Tomas, capitano e difensore centrale dei lusitani. No, Henrique. 2002. Magra consolazione. Anche qui i fuoriquota, possono falsare, come e molto peggio per il nostrano Primavera dove se ne consentono addirittura 5, gare teoricamente equilibrate in caso di utilizzo di pari età. Il Benfica mette i tre consentiti. Ma Arajio è l'ennesimo marziano, già con 4 gare e 1 gol in Liga, a far saltare il banco. Perché se al Salisburgo rubi il copione e lo attacchi con uguale veemenza ma maggiore vigoria fisica, normale che con una rosa di contro con 5 sottoleva 2004, vada in affanno. Finisce cosi dopo il primo tempo una non partita, che nel secondo porta gloria alla tripletta di Araujo e anche a Cher N'dour, 2004 italiano ex vivaio Brescia e Atalanta, che mette il 5-0 e ci lascia un sorriso malinconico. Dopo Roko Simic, nato a Milano e scappato subito lontano dal calcio di casa nostra, non abbiamo più molte armi se non la costrizione per trattenere o attrarre talenti in campionati giovanili dove si infarciscono formazioni con di tutto e di più. Qui in terra italiota conta il risultatismo. Un trofeo o una permanenza in Primavera A fanno stagione. Altrove, ahinoi, conta farli crescere, sbagliando. E poi passare alla cassa con politica di vendita milionarie. Leggi, appunto Benfica e Salisburgo. Cosi è se vi pare.