Paolo Ghisoni: "C'è un'evidente mancanza di cultura nello scoprire i giovani"

Nel corso della puntata di TMW Radio, il nostro direttore ha analizzato alcuni temi relativi al Mondiale in Qatar e al calcio giovanile italiano.
29.11.2022 20:05 di Stefano Rossoni   vedi letture
Paolo Ghisoni: "C'è un'evidente mancanza di cultura nello scoprire i giovani"

Durante il martedì pomeriggio di TMW Radio, il nostro direttore Paolo Ghisoni è intervenuto per approfondire alcuni temi relativi al Mondiale in Qatar e al calcio giovanile italiano.

Il primo argomento di discussione ha riguardato Paulo Dybala, ancora inutilizzato fin qui dal ct Scaloni: “Messi ha dimostrato di essere il giocatore più forte al mondo solo con il mancino, se Dybala imparasse a lavorare sul proprio repertorio anche con l’altro piede probabilmente riuscirebbe a mettere in difficoltà qualsiasi allenatore: credo possa diventare un’evoluzione interessante”. 

“Io mi occupo soprattutto di settori giovanili - ha proseguito Paolo Ghisoni nella sua analisi - Un allenatore non considera mai un giocatore “fatto e finito” perchè più cose sa fare, più diventa forte. Faccio l’esempio di Politano, diventato comunque un giocatore della Nazionale, ma che nelle stagioni a Roma ha “buttato” anni perchè con le sue qualità faceva la differenza, ha trovato allenatori che purtroppo badavano solamente al risultato e ovviamente faceva comodo che Politano potesse incidere in quella direzione. Quando è arrivato in Primavera, mister De Rossi diceva: “Io a lui chiedo altre cose” e quindi ha giocato molto meno rispetto a quanto poteva fare con altri in panchina. Questo fa parte di un percorso che possiamo assimilare al concetto di Dybala: l’argentino è un ottimo giocatore, ma se imparasse a fare qualcosa in più con il piede destro potrebbe trovare più spazio”.

Tra i protagonisti del Mondiale figura certamente Bruno Fernandes, vecchia conoscenza del nostro campionato. “Che fosse un buon giocatore si intuiva già allora, ma che potesse fare la differenza a livello internazionale… Anche io che lo commentavo ai tempi del Novara non ci avrei scommesso. Ma posso dire che quando osservavo Zaniolo all’Entella non vedevo nulla di entusiasmante, così come per Nainggolan al Piacenza. In determinate situazioni, i giovani prendono un’accelerazione difficilmente pronosticabile: Nainggolan faceva l’esterno offensivo, poi ha trovato l’allenatore che l’ha messo nel ruolo adatto alle sue caratteristiche. Capita che nella testa dei ragazzi possa scattare qualcosa che li faccia svoltare in maniera definitiva”.

Ultimo tema, quello relativo ai giovani. La domanda arrivata dallo studio è la seguente: quando un giovane in Italia non è più considerato tale? “Noi come categoria di giornalisti, quando un ragazzo entra in campo non sappiamo nulla di lui, se non i pochi dati che leggiamo sulla distinta. In questo modo, l’appassionato non avrà mai la curiosità di sentire un racconto. Per esempio qualcuno sa chi è Luca Chiappino? Un allenatore che ha vinto un campionato storico, che ora allena il Genoa Under 17 e a proposito di progettualità è lì da 30 anni? Questo vuol dire avere un disegno ben preciso: non è mai arrivato a guidare la Prima Squadra, ma da lui è passata gente come Perin, El Shaarawy, Sturaro, Pellegri, Salcedo e tanti altri. Il concetto di “giovane” in Italia non è pertinente alla realtà, ma parlo di quella realtà che proponiamo noi per primi. Siamo i primi a dover dire “non siamo capaci di raccontare i giovani” perchè bisognerebbe interrogarci su quale profondità diamo al giovane a livello mediatico, senza che ci siano temi legati all’attualità o altro. Nessuno ne parla, oggi tutti danno importanza ad altri argomenti: c’è un’evidente mancanza di cultura nello scoprire i giovani”.