Michelangelo Duranti Albizzati, l'attaccante che vede prima degli altri

Ci sono attaccanti che vivono di istinto, altri che si affidano al talento tecnico, altri ancora che sopravvivono grazie alla forza fisica. Michelangelo Duranti Albizzati, classe 2008 dell’Albinoleffe, sembra avere già dentro di sé un po’ di tutto questo, ma soprattutto possiede quell’ingrediente raro che eleva un buon giocatore a qualcosa di più: la capacità di leggere ciò che sta per accadere, un secondo prima che accada. Sabato scorso, nel 4-2 rifilato al Vicenza, ha firmato una tripletta che ha il sapore di una dichiarazione di intenti. Un modo per dire al campionato di Primavera 2 che qui c’è un ragazzo di sedici anni alla sua prima stagione tra i professionisti, e che dopo tre giornate è già a quota quattro gol.
Il suo nome non è nuovo a chi segue le giovanili lombarde. Due anni fa, con il Villa, si era imposto come trascinatore dell’Under 17 pur essendo sotto età. La scorsa stagione, sempre con la maglia bianconera del Villa, si è confermato nel campionato Under 17 Élite, mettendo in mostra qualità che gli hanno permesso di affacciarsi anche al mondo dei grandi e di indossare la maglia della Rappresentativa Nazionale. E proprio con i grandi, in Promozione, ha collezionato 8 presenze e 3 gol: numeri che raccontano tutto il suo valore. Intanto, attorno a lui, il solito brusio: resterà o andrà altrove? Quale sarà la sua strada? Un piccolo tormentone che ha accompagnato le sue ultime due estati. Il Villa lo ha visto crescere, lo ha abbracciato come simbolo. Poi, a luglio, la scelta: l’Albinoleffe lo ha aspettato, lo ha voluto, ha battuto la concorrenza della Giana Erminio e ora se lo coccola. Il debutto in Primavera 2 ha confermato il feeling speciale con il gol: rete al Renate all’esordio, in una giocata che mescolava tecnica e lucidità.
Contro il Vicenza, Duranti Albizzati ha fatto un passo ulteriore. Non solo ha segnato tre volte: ha mostrato perché il gol, per lui, è una materia da interpretare più che da imparare. Paganessi calcia, la palla sbatte su un avversario e si impenna. Tutti restano fermi, tranne lui: gira il collo, osserva il portiere, sceglie il dischetto come posizione ideale. È come se sapesse già che lì sarebbe arrivata la sfera. Paganessi colpisce di testa, la palla ricade proprio dove Duranti l’aveva previsto: stop di coscia orientato, tiro al volo, Bianchi battuto. Il secondo è un inno alla cattiveria agonistica. Il difensore centrale, tre anni più grande, pensa di avere tempo. Duranti no. Aggredisce il pallone con ferocia, lo strappa, si apre un’autostrada e davanti al portiere conserva una calma da veterano. Il terzo, infine, è ancora anticipo mentale: legge il retropassaggio di Rensi prima che venga giocato, scatta in anticipo, arriva prima di Bianchi sul pallone, lo salta e appoggia nella porta vuota. Tre gol, tre manifestazioni diverse di uno stesso talento: sapere prima, muoversi prima, concludere prima.
Ma parlare di Michelangelo Duranti Albizzati solo come un finalizzatore sarebbe riduttivo. Svaria sul fronte offensivo e contribuisce con dedizione anche alla fase difensiva. È il prototipo dell’attaccante moderno, quello che non vive soltanto dei propri numeri ma dell’impatto globale sulla partita. Eppure, se c’è una cosa che lo distingue, è quella naturale confidenza con la porta. Non ha bisogno di guardarla per sapere dov’è. Un ragazzo di sedici anni che sembra già aver compreso la regola più dura del calcio: il tempo non si aspetta, si anticipa.