Eravamo LGI: Gennaro Borrelli

Dopo due anni in Serie C a farsi le ossa, l’attaccante campano è ora uno dei protagonisti della cavalcata del Frosinone, 1° in Serie B
12.11.2022 12:00 di  Luca Pellegrini   vedi letture
© Instagram/gennaroborrelli_
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Al termine della partita contro il Bari, che è stata decisa proprio da un suo gol e che ha lanciato il Frosinone in testa alla classifica, a chi gli chiedeva della somiglianza con Ciofani ha risposto così: “Quando ero al Pescara c’era un dirigente che mi paragonava sempre a lui. E poi anche sull’almanacco de La Giovane Italia una volta mi paragonarono a lui”. Il motivo per cui ha specificato “una volta” è semplice: Gennaro Borrelli sul nostro libro ci è finito per quattro edizioni di fila: dal 2016 al 2019. E quale momento migliore di questo per intervistarlo?

Ciao Gennaro. Innanzitutto complimenti per le prestazioni e i risultati dell’ultimo periodo. Prima di parlare del presente, però, mi piacerebbe riavvolgere il nastro. Cresci a Napoli, sia dal punto di vista personale che calcistico, e a 14 anni vieni tesserato dal Pescara, che batte la concorrenza di altri club professionistici. Com’è stato trasferirsi in un’altra regione, da solo, a quell’età e com’è stato l’ambientamento nel settore giovanile del club abruzzese?

“Quando sono stato notato dal Pescara giocavo per il San Sebastiano Calcio Mazzeo, una scuola calcio di Napoli. Fare il calciatore era il mio sogno e sapevo che per rincorrerlo quella era la strada giusta, quindi accettai subito di trasferirmi. Per quanto riguarda l’età, sono quelli gli anni in cui ci si sposta fuori regione, quindi non ci vidi niente di strano. Ovviamente a 14 anni non si è ancora grandi, per cui non è mai facile. All’inizio mi è pesato un po’, com’è normale che sia. Mi dovevo abituare ad uno stile di vita completamente nuovo. Ancora oggi, quando mi capita di vedere in giro dei ragazzini di 13-14 anni, penso: “Mamma mia, io alla loro età già vivevo da solo. Ma come ho fatto?”. Però ero convinto di quello che stavo facendo; era la vita che volevo. Ho sempre pensato che fare il calciatore fosse la cosa più bella del mondo. Mio padre era d’accordo, mentre per mia madre fu un po’ più difficile accettarlo. Sai come sono fatte le mamme, no? Sono sempre protettive e affettuose… Poi però capì che era quello che volevo e col tempo si è abituata alla situazione. Anche perché ormai sono quasi 10 anni che vivo lontano da casa [ride]. A Pescara comunque non mi fecero mai mancare nulla. Il convitto era organizzato benissimo e tutti erano molto disponibili”.

Le tue prestazioni a Pescara sono state subito ottime, tant’è che sei entrato immediatamente nel giro azzurro: stage con l’Under 15, Torneo dei Gironi con l’Under 16, convocazioni con l’Under 17… Un bell’impatto.

“Sono stato convocato per gli stage praticamente ogni anno, anche se per giocare una partita ufficiale ho dovuto aspettare l’Under 20. Essere convocato dall’Italia è una sensazione indescrivibile e una soddisfazione immensa. Non ci sono parole per descrivere le emozioni che si provano. Penso sia il sogno di ogni bambino. Spero un giorno di riuscire ad indossare la maglia della Nazionale maggiore. Sarebbe fantastico”.

Nel 2016/17 fai addirittura l’esordio in Primavera contro la Juventus. Te l’aspettavi?

“Debuttare in Primavera, da sotto età, a Vinovo contro la Juve è stata una bella emozione. Negli anni successivi, fortunatamente, sono riuscito a raggiungere altri traguardi e a togliermi altre soddisfazioni, ma all’epoca quella fu sicuramente la gioia più grande della mia vita calcistica. Capii che si trattava di un passo importante per la mia carriera”.

È proprio in quell’anno che sei stato inserito per la prima volta sull’almanacco de La Giovane Italia. Cosa ti ricordi di quando uscì e che sensazione fu ritrovarsi in quel libro?

“Mi ricordo benissimo. Fu un grande orgoglio. Anche perché di tutto il settore giovanile del Pescara venivano inseriti nell’almanacco solo 4 o 5 giocatori ogni anno, quindi essere in quel gruppetto non poteva che essere una bella soddisfazione. Finire sul libro anche le stagioni successive, poi, non fece altro che accrescere quella sensazione. Sai, se capita una sola volta può trattarsi di un caso, ma se succede per diversi anni di fila significa che stai lavorando bene. E tutti i sacrifici che hai fatto iniziano ad assumere un senso. Ho comprato tutti gli almanacchi su cui mi avete inserito e li conservo ancora a casa. Non nego che ogni tanto vado ancora a rivederli”. 

Restando in tema almanacco, facciamo un breve salto all’attualità. Dopo la partita contro il Bari, decisa proprio da un tuo gol, hai ricordato che sul nostro libro eri stato paragonato a Ciofani. Ti chiedo prima di tutto se è una somiglianza che riscontri anche tu e se ci sono altre parti della tua pagina che ti fece piacere leggere.

“Per quanto riguarda il paragone con Ciofani, la prima persona che notò questa somiglianza fu Di Battista, il Responsabile dell’Area Scouting del Settore Giovanile del Pescara. In poche parole: la persona che mi notò a Napoli e che mi portò in Abruzzo. Lui è sempre stato convinto che io abbia caratteristiche simili a Ciofani e io sono abbastanza d’accordo. Per quanto riguarda invece la mia pagina, ovviamente il “Dicono di lui” mi ha sempre fatto piacere, perché si tratta di apprezzamenti da parte di persone che sono state molto importanti nel mio percorso. Tra i vari “Dicono di lui”, ricordo in particolare quello dell’edizione 2016/17. Parlò di me proprio Di Battista, la persone che prima e più di ogni altra credette in me, prendendomi a 14 anni e facendomi fare tutto il vivaio nel Pescara, fino ad arrivare addirittura all’esordio in prima squadra. Per me è stata una soddisfazione enorme e credo lo sia stata anche per lui”.

Tornando alla tua carriera, l’anno dell’esplosione è sicuramente il 2018/19, quando trascini letteralmente il Pescara in Primavera 1 con una media gol spaventosa. Che stagione è stata?

“Spettacolare. Davvero spettacolare. In Primavera c’era un allenatore che considero come un secondo padre: Luciano Zauri. Mi fece crescere molto, ebbe tantissima fiducia in me e mi fece giocare praticamente sempre. Vincemmo il campionato, ottenemmo la promozione [dalla Primavera 2 alla Primavera 1] e io mi laureai capocannoniere. L’anno successivo Zauri divenne l’allenatore della prima squadra e decise di portarmi con sé, facendomi giocare anche qualche partita. Io non solo debuttai in Serie B, ma riuscii anche a realizzare il mio primo gol tra i professionisti. Per me si tratta quindi di una persona veramente importante, che mi ha lanciato nel mondo del calcio. Tornando alla stagione 2018/19, non posso non parlare del gruppo stupendo che avevamo creato (tant’è che ci sentiamo ancora oggi). È stata davvero un’annata che non dimenticherò mai”.

Come hai in parte anticipato, l’anno successivo non è andato peggio, anzi. Hai esordito in prima squadra, hai realizzato il tuo primo gol tra i professionisti, sei stato convocato per la prima volta per una partita ufficiale con la Nazionale e hai segnato al debutto con la maglia azzurra.

“Sì, è stato un altro anno indimenticabile. Passare dalla Primavera 2 alla titolarità in Serie B, fare gol, essere convocato in Nazionale e segnare all’esordio è un mix di emozioni davvero difficile da spiegare. Le porterò per sempre nel mio cuore e non le scorderò mai. Quella è stata veramente la stagione in cui ho sentito che tutti i miei sacrifici erano stati ripagati. Essere partito dall’Under 15 del Pescara e arrivare a giocare (e segnare) nello stadio dove da ragazzino facevi il raccattapalle, guardando i giocatori della prima squadra e sperando un giorno di essere al loro posto… È una sensazione che non si può nemmeno spiegare. Capisci di aver fatto qualcosa di importante, di aver faticato per un obiettivo concreto e di aver realizzato i tuoi sogni”.

Nelle due stagioni successive hai fatto un po’ di gavetta in Serie C. Hai vissuto quel biennio come un passo indietro a livello professionale (perché magari pensavi di meritarti altri palcoscenici) o ritenevi fin dall’inizio che fosse la scelta giusta per la tua crescita? E oggi, a distanza di anni, come valuti quel periodo della tua carriera?

“Nell’estate del 2020 rimasi in Serie B, ma mi trasferii dal Pescara al Cosenza. Non trovai molto spazio e raccolsi pochissime presenze. Sono sempre stato convinto che un giovane abbia bisogno di giocare con continuità per migliorare e maturare (sia dal punto di vista prettamente calcistico che mentale), per cui decisi di cambiare aria, anche se questo voleva dire scendere di una categoria. Ero comunque consapevole che se avessi fatto bene in Serie C avrei avuto l’opportunità di risalire. Il passaggio alla Juve Stabia quindi non lo considerai un passo indietro, ma un’occasione. Questo modo di vedere la situazione mi diede una motivazione extra: ero desideroso di fare bene per poter tornare in Serie B e giocarmi le mie carte con una maturità e un’esperienza diverse. Castellammare prima e a Monopoli poi sono state due esperienze che ho vissuto con grande serenità; ho trovato allenatori che mi hanno fatto crescere tanto e società che mi hanno trattato bene. Non mi sono mai pentito della scelta che ho fatto, anche perché se ora sono in Serie B è anche grazie a quelle due stagioni. So che parlare a posteriori è sempre facile, ma non credo si sia trattato di un percorso scontato. Se non avessi affrontato con la mentalità giusta quella sfida probabilmente le cose non sarebbero andate così bene. In generale io credo che la gavetta sia fondamentale non solo nel calcio, ma nella vita in generale. Un medico non diventa subito primario e non opera subito a cuore aperto. È un’opinione che avevo già prima del mio passaggio in Serie C e oggi non posso fare altro che confermarla, perché credo di essere cresciuto sia come calciatore che come persona. Ovviamente ci sono sempre le eccezioni: se uno è un fenomeno vero non ha bisogno di fare tanta gavetta, ma si tratta di casi rari. A me sicuramente è servita. Ora sono a Frosinone con la maturità necessaria e con tanta voglia di fare”.

Arriviamo al presente. State facendo un campionato strepitoso. Ve l’aspettavate? Quando sei arrivato, hai capito subito che la rosa potesse competere per questi traguardi o è stata una sorpresa anche per voi?

“Io sono arrivato al Frosinone a inizio agosto, nella settimana in cui si giocava la Coppa Italia. Il ritiro ormai era finito, quindi non ho avuto modo di passare tanto tempo con i miei compagni. Da subito però capii che la squadra aveva grandi potenzialità e che ci saremmo potuti togliere delle soddisfazioni, Da qui a ritrovarsi primi in classifica onestamente non saprei… Anche perché quest’anno la Serie B è molto competitiva. Partita dopo partita e allenamento dopo allenamento abbiamo sempre dato il 100% e curato ogni dettaglio; adesso ci troviamo in vetta e proveremo a restarci per più tempo possibile, cercando di mantenere umiltà e serenità”.

Sei scaramantico o posso chiederti quali sono gli obiettivi? Non solo a livello calcistico: puoi anche dirmi traguardi personali…

“Con il Frosinone l’obiettivo personale è quello di fare gol, assist e buone prestazioni per aiutare la squadra. Poi ovviamente mi auguro di crescere come giocatore e sono sicuro che la società e la piazza siano quelle ideali per me: a Frosinone si punta tanto sui giovani (un aspetto che ha influenzato molto la mia scelta), c’è una tifoseria appassionata e lo stadio è fantastico, sia a livello di clima che si respira che di struttura. Per quanto riguarda l’obiettivo di squadra, la società si era prefissata come traguardo quello di un campionato in una zona tranquilla di classifica, rimanendo a debita distanza dai playout. Ora ci ritroviamo in alto e sognare non ci costa nulla. Tanto, come dicevo prima, continueremo a lavorare sempre con umiltà e serenità. A livello extra campo, sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie e vorrei riuscire a laurearmi. Le tempistiche iniziali si sono un po’ allungate, ma l’importante è riuscire a terminare il percorso”.

Idee chiare, umiltà e la capacità di realizzare gol pesanti, che per un attaccante non guasta mai. Gennaro Borrelli si gode il momento e spera di ripercorrere le orme di Ciofani, continuando a segnare (e sognare) per il Frosinone.