Tra libri e calcio: Degli Innocenti ci racconta la sua storia con l’Empoli
Duccio Degli Innocenti è tornato a brillare nel centrocampo azzurro. Cresciuto nel vivaio dell’Empoli e rientrato nell’ultimo periodo dopo un lungo stop, il classe 2003 ha messo la sua firma con due assist nella netta vittoria per 5-0 sul Bari. Una prestazione che riaccende entusiasmi e aspettative attorno a uno dei talenti più apprezzati del club.
Partiamo da sabato: una bella vittoria e due assist per te. Come la commenti?
“Siamo molto contenti per la vittoria, soprattutto per questo periodo positivo. Venivamo da un momento molto negativo che è durato tanto, forse troppo. Ora questo nuovo slancio ci sta aiutando anche a lavorare meglio. Il successo di sabato è stato fondamentale per lavorare più tranquillamente e con più fiducia durante la settimana. Vogliamo continuare su questa strada”.
Oltre alla vittoria, per te è arrivato anche un assist dopo un periodo complicato per l’infortunio. Una bella ripartenza, no?
“Sì, certo, è una soddisfazione che va sempre prima di tutto alla squadra, perché quella è la cosa più importante. Però vengo da un periodo difficile: sono stato fermo diversi mesi. Essere tornato in campo e avere giocato una partita intera dopo tanto tempo è già una grande soddisfazione. Mi sto riprendendo e sono davvero contento”.
Da giovanissimo arrivi all’Empoli...
“Arrivo all’Empoli a otto anni. Ho fatto tutta la trafila del settore giovanile, dall’anno dopo i Pulcini fino alla Primavera. Dopo ho fatto un anno in prima squadra: ero giovane, ho giocato poco, ma ho esordito in Serie A e in Coppa Italia. Poi sono andato in prestito, prima a Lecco e poi a Spezia”.
Prima dell’Empoli, dove hai mosso i primi passi?
“Ho giocato un anno e mezzo nella Faellese, la squadra del paese vicino a dove abito: io sono di Piandiscò. Da lì direttamente poi all’Empoli”.
A quell’età il salto da dilettanti a professionisti forse si sente un pò meno…
“Essendo piccolo forse me ne rendevo meno conto. Sicuramente la mia famiglia ha sentito di più i sacrifici: Piandiscò-Empoli è un'ora di macchina e all’epoca facevamo sempre andata e ritorno. Però sono stati sacrifici belli, di quelli che aiutano a crescere”.
La passione per il calcio da chi arriva?
“Dal nonno paterno, che è stato un giocatore professionista per tanti anni al Siracusa, anche capitano in C1. Poi chiaramente me l’ha tramandata papà, che ha giocato nei dilettanti fino a 35-36 anni. Diciamo che dalla parte di mio padre arriva tutta la passione che ho per questo sport”.
Avere in famiglia calciatori ti ha aiutato?
“Sì, tantissimo. Le esperienze sia di mio nonno che di mio padre mi hanno dato consigli importanti che ho sempre cercato di apprendere. Mi hanno aiutato soprattutto nei momenti più difficili, quelli di transizione: quando dalla Primavera ti affacci al mondo dei grandi non è semplice. Loro ci sono passati e i loro consigli sono stati fondamentali”.
Quando hai capito che il calcio poteva diventare davvero il tuo lavoro?
“Non c’è stato un momento preciso in cui ho detto 'Ok, faccio il calciatore'. La mia famiglia mi ha sempre insegnato a portare avanti più cose: scuola e calcio insieme. Lo facevo allora e lo faccio ancora adesso. È sempre stato tutto molto naturale, non ho mai pensato di smettere per puntare solo sul calcio. Quindi un momento specifico non c’è stato”.
Cosa stai studiando?
“Scienze dei servizi giuridici”.
Una scelta che con il calcio c’entra relativamente…
“Sì, non è nata per legarmi al calcio. Poi magari più avanti specializzandomi potrei farlo, ma la scelta è nata perché le materie mi piacciono. Con calma porterò a termine il percorso. Ho finito un anno e mezzo, sono a metà del secondo, forse qualcosina di più. Diciamo a metà dai…”.
Ti aiuta avere lo studio oltre al calcio?
"Sì. La nostra è una vita intensa, ma durante la giornata se vuoi il tempo per fare altro lo trovi. Studiare ti permette di staccare, di concentrarti su qualcosa che ti piace e questo aiuta sia nei momenti positivi che in quelli difficili. Per me è un beneficio, assolutamente”.
Torniamo al calcio. Che ricordo hai del settore giovanile dell’Empoli?
“Ho vissuto tutti gli anni ad Empoli ed è una seconda casa per me. Abbiamo vinto due titoli, Under 16 e Primavera: non è scontato, perché anche se l’Empoli ha un grande settore giovanile non vince tutti gli anni. Sono stati anni positivi, di crescita vera. È un ambiente dove ti aiutano tantissimo, sotto ogni punto di vista: ti trattano benissimo. Io ho solo ricordi positivi, tutti anni importanti”.
Chi è stata la figura più importante per te in quel percorso?
“Antonio Buscé. L’ho avuto per tre o quattro anni: in Under 16, in Primavera quando abbiamo vinto e anche un altro anno in cui ero aggregato. In ogni stagione mi ha dato qualcosa di diverso, mi ha sempre aiutato molto. È stato un vero punto di riferimento”.
Hai vestito anche la maglia della Nazionale: che esperienza è stata?
“Indossare la maglia azzurra è un obiettivo che tutti vorrebbero raggiungere, e per me lo sarà sempre. Ho fatto l’Europeo Under 19 e poi il Mondiale Under 20. Sono esperienze speciali, ti confronti con il calcio del mondo, con altri continenti. Giochi contro ragazzi della tua età ma con abitudini, culture e modi di giocare diversi. Sono emozioni che non dimenticherò mai”.
La convocazione più emozionante?
“Quella del Mondiale. Eravamo una squadra forte e non era semplice entrare in quei venti. Me la ricordo davvero con tanta emozione”.
Con l’Empoli è arrivato anche l’esordio in Serie A… te lo aspettavi?
“L’esordio lo aspettavo da un po’. Prima avevo esordito in Coppa Italia ad agosto, poi il 21 ottobre in Serie A, all’Allianz Stadium: uno stadio non a caso. È stato un momento importante che mi ha ripagato tanti sacrifici. È il sogno che avevo da bambino e che sono riuscito a realizzare”.
Il passaggio della Primavera al mondo dei grandi com’è stato? Mi riferisco al primo anno da professionista a tutti gli effetti…
“Venivo da una stagione in cui avevo giocato poco con la prima squadra, quindi volevo ritrovare continuità. Sono andato al Lecco…un po’ di paura c’era, ero fuori dalla mia comfort zone, in una piazza nuova. Ho avuto subito un infortunio e sono stato fermo un mese e mezzo: non è stato semplice. Però rifarei quell’esperienza tutta la vita: mi ha fatto crescere tantissimo, come giocatore e come persona. A Lecco mi sono trovato benissimo, una piazza calorosa. Anche se sportivamente è finita con la retrocessione, a livello umano è stato un anno fondamentale”.
Nel nostro Almanacco sei finito tantissime volte, ben cinque. Sei stato paragonato a De Rossi, Verratti e Ambrosini. In quale paragone ti ritrovi?
“Un mix di tutti e tre sarebbe un giocatore pazzesco (ride, ndr). Però per caratteristiche, fisiche e tecniche, forse mi rivedo un po’ di più in Verratti: sempre con le dovute proporzioni eh! Però ruberei tantissimo da tutti e tre”.
Da bambino invece, chi era il tuo idolo?
“Pirlo. L’ho sempre visto come una divinità del calcio. Al Milan ero piccolo ma quando è passato alla Juve me ne sono innamorato completamente. Se devo dirne uno, dico Andrea Pirlo”.
E oggi a chi ti ispiri?
“Si può rubare qualcosa a tutti i compagni. Ma il giocatore che guardo con più attenzione è Vitinha del PSG. Ultimamente è devastante, gioca a un livello altissimo e mi ci rivedo nel ruolo. Lo guardo con tanta ammirazione”.
Quindi oltre a giocare, guardi anche tanto calcio...
“Sì, assolutamente. Dalla Champions fino alla Serie D. Mi piace proprio. Ovviamente faccio anche altro, ma quando ho un momento libero mi metto a guardare volentieri le partite”.
Duccio siamo praticamente alla fine di questa intervista. Sei rientrato dopo l’infortunio: quali obiettivi ti sei dato?
“Vengo da un periodo difficile, già l’anno scorso soffrivo per questo problema. L’operazione mi ha tolto il finale della scorsa stagione e l’inizio di questa, momenti fondamentali. Però l’obiettivo è tornare ai livelli di prima, anche meglio. Piano piano migliorerò la condizione e supererò del tutto gli strascichi. La priorità è fare una grande stagione, sia per la squadra che per me. Credo che gli obiettivi personali vadano di pari passo con quelli del gruppo: se la squadra va bene, si vede anche nelle statistiche”.
Assist o gol?
“Non fanno male né gli assist, né i gol (ride, ndr). L’importante è che la squadra vada forte: se arrivano i risultati, arrivano anche i numeri”.
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