Wisdom Amey si racconta: Dagli inizi al Gruppo Cosmos fino alla Serie A

Classe 2005, giocatore giovane ma con determinazione da veterano. Dopo un'esperienza significativa nelle giovanili del Bologna e un esordio precoce in Serie A, Wisdom Amey ha scelto di ripartire dalla Pianese. Una nuova avventura, dove per la prima volta giocherà soltanto con i grandi, in un contesto diverso, ma con la stessa voglia di crescere e mettersi alla prova.
Partiamo dal tuo trasferimento alla Pianese. Come stanno andando queste prime settimane? Come è nato il contatto e come ti stai trovando in questa nuova realtà, che è sicuramente diversa da quella da cui arrivi, sia per la dimensione della città che per la categoria. È vero che avevi già avuto esperienze con la prima squadra, ma quest’anno sei ufficialmente un giocatore "dei grandi".
"Sì, è iniziata bene, anche grazie ai compagni che hanno cercato subito di coinvolgermi, e alla società, che non mi ha fatto mancare nulla. Gli allenamenti sono buoni, ci stiamo preparando bene. Sono arrivato sereno, perché mi sono trovato in un ambiente positivo fin da subito."
Che impressione ti ha fatto mister Birindelli, anche lui alla sua prima esperienza tra i grandi, seppur con una carriera da calciatore importante alle spalle?
"È un bravo allenatore, molto disponibile, con le idee chiare. Ma si vede anche che è pronto ad ascoltarci, a capire quali possono essere le soluzioni migliori durante le partite o negli allenamenti. Mi sono trovato subito bene con lui."
Riavvolgiamo un po’ il nastro: come nasce la tua passione per il calcio? Qual è il tuo primo ricordo legato a un pallone?
"È una passione che nasce in famiglia. Mio padre era milanista, guardava sempre le partite del Milan e spesso invitava amici a vederle con noi. Da lì è nato tutto. Poi ha iniziato a portare me e mio fratello al parchetto, e da subito mi sono appassionato. Questo passaggio familiare è stato fondamentale."
Hai iniziato ufficialmente nella società del Gruppo Cosmos, quella del tuo quartiere. Che ricordi hai di quel periodo?
"Ho un ricordo bellissimo. È stato tutto un po’ inaspettato: un giorno torno da scuola e mia mamma mi dice che ha iscritto me e mio fratello a questa società. Gli anni lì sono stati stupendi, era come una famiglia. Dopo le partite mangiavamo insieme, e i compagni erano i miei primi amici di calcio: è stato facile legare."
Prima del passaggio al Bologna nel 2019, hai vissuto due esperienze importanti con Bassano Virtus e Vicenza. A Vicenza, forse, hai iniziato ad assaporare l’ambiente del professionismo?
"Sì, si sentiva che era una realtà diversa. Vicenza era molto più conosciuta rispetto ai club dove avevo giocato prima, con una storia importante. Lì ho iniziato a vivere davvero un ambiente calcistico e sono cresciuto molto."
E questa prima tappa ti ha aiutato nel passaggio successivo, quando sei approdato in una realtà come il Bologna. Hai sentito il salto di livello?
"La differenza si è sentita soprattutto nell’organizzazione e nelle strutture. A Bologna c’era già una selezione più alta, i giocatori erano più pronti. Però non ci facevo troppo caso: volevo solo far bene, vivermi al meglio quell’esperienza fuori casa e imparare il più possibile."
A Bologna diventi un professionista a tutti gli effetti, ottenendo ottimi risultati nel settore giovanile. Ma ricordi la prima volta che ti sei allenato con la prima squadra? Che emozioni hai provato?
"È stato davvero inaspettato. Il secondo allenatore dell’Under 17 di solito avvisava chi sarebbe andato in prima squadra. Una sera mi chiama, e io pensavo avessi dimenticato qualcosa in spogliatoio… invece mi dice che mi sarei allenato con loro. Sono rimasto sorpreso. L’allenamento è stato uno dei più difficili, ma tornato in spogliatoio ero davvero contento: mi sentivo arricchito."
Ricordi qualche compagno di quella prima squadra del Bologna che ti ha aiutato in particolare?
"Sì, c’erano Palacio, Silvestri, Danilo… In tanti mi hanno aiutato. Mi davano consigli su come posizionarmi, su come muovermi in marcatura. Lo stesso Palacio, anche se erano attaccante, mi spiegava come doverlo marcare al meglio. Un gruppo con grande esperienza e molta disponibilità."
Nel tuo percorso di crescita hai avuto anche la chiamata della Nazionale. Che emozione è stata indossare la maglia azzurra?
"È stato molto particolare. Era qualcosa che desideravo da tempo. In Under-15 ero stato convocato a uno di quei raduni che si fanno durante l'anno, quindi non avevo fatto ancora una presenza ufficiale. Quando ho ricevuto la convocazione ufficiale ero teso, ma felicissimo. Vestire la maglia della Nazionale è un onore."
Guardando al tuo percorso, c’è una figura a cui ti senti di dover dire grazie in particolare?
"Ci sono tante persone che mi hanno aiutato, dagli allenatori del Cosmos fino ad oggi. Ma una figura fondamentale è stata mister Mihajlović, che mi ha dato la possibilità di allenarmi con la prima squadra e ha creduto in me, lanciandomi a 15 anni."
Infatti, sei stato uno dei più giovani ad esordire in Serie A. Cosa hai provato nel vedere il tuo nome tra gli undici titolari? C’è una frase che ti è rimasta impressa?
"Ricordo che il giorno prima della partita il mister mi disse: “Tieniti pronto, domani parti titolare”. Sentirlo dire così, in modo diretto, mi ha messo un po’ d’ansia, ma ho cercato di viverla con tranquillità, senza troppe pressioni."
Tutto questo accade un anno dopo il tuo esordio assoluto in Serie A, sempre contro il Genoa. Raccontaci come andò quella volta.
"Giocavamo al Dall’Ara, in pieno periodo Covid, quindi senza pubblico. Ero in panchina, con la mia barretta a metà tempo, quando il mister si gira e mi dice: “Vai a scaldarti”. Non ci credevo, non avevo neanche capito bene. Appena ho sentito il mio nome, ho mollato tutto e sono corso. Ero agitato, non riuscivo a stare fermo. Quando sono entrato, però, mi sono scrollato tutto di dosso e ho pensato solo a giocare e dare il mio contributo, anche se stavamo perdendo."
Sei stato accostato in tre edizioni del nostro almanacco a Fabio Cannavaro, Kevin Bonifazi e Koulibaly. In quale dei tre ti rivedi di più?
"Sono tutti nomi importanti. Cerco sempre di prendere spunto dagli altri, ma non di rivedermi in qualcuno in particolare. Se devo sceglierne uno, direi che attualmente mi rivedo un po’ di più in Koulibaly."
Quando hai iniziato a giocare, chi era il tuo idolo?
"Ronaldinho. Come dicevo, mio padre era milanista e quando lui aveva la palla tra i piedi, mio padre restava sempre stupito dalla sua tecnica. Ho iniziato a seguire lui, mi ha colpito sin da subito."
E oggi? Hai un punto di riferimento calcistico?
"Non ho un idolo preciso. Mi è sempre piaciuto Sergio Ramos, anche Tomori. Cerco di osservare chi fa bene, di prendere spunto e imparare, più che avere un idolo fisso."
Torniamo al presente: cosa ti aspetti da questa stagione, sia a livello personale che di squadra?
"Voglio giocare, fare bene, avere obiettivi in linea con quelli della società. Soprattutto, ritrovare la continuità che mi è mancata negli ultimi anni a causa di alcuni infortuni. È fondamentale per un giocatore. Voglio fare esperienza, visto che questo campionato è del tutto nuovo per me, e crescere con l’aiuto di compagni esperti come Luca Ercolani, che ha tanto da insegnare."