Eravamo LGI: Giuseppe Aurelio

Presente per la prima volta sull’almanacco 5 anni fa, la scorsa settimana ha segnato un gol decisivo nella vittoria contro il Fiorenzuola
26.11.2022 12:00 di  Luca Pellegrini   vedi letture
© Instagram/peppe_aurelio
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Non è una prima punta, ma nella sua carriera i gol li ha sempre fatti. E anche parecchi. Con il Tor di Quinto, club che negli anni ha sfornato diversi campioni, ne realizzò 41 in 46 presenze e attirò su di sé le attenzioni del Sassuolo. Tra le fila dei neroverdi ha continuato a segnare con continuità in tutte le categorie, dall’Under 15 alla Primavera. Poi ha iniziato la sua carriera da professionista, giocando in Serie C con Cesena, Imolese e Gubbio. Com’è normale che sia, un po’ perché di mestiere non fa il rapace d’area di rigore e un po’ perché il calcio dei “grandi” non è come quello del settore giovanile, la sua media realizzativa è calata. Quest’anno è approdato al Pontedera e dall’inizio della stagione ha iscritto il proprio nome al tabellino dei marcatori per 4 volte in 14 presenze. Uno score niente male, non c’è dubbio, ma ciò che stupisce non è il numero dei gol: è il loro peso. Prima rete in coppa, contro il Siena, nei tempi supplementari; gara finita 1-0. Seconda rete contro l’Alessandria, in una partita dove confeziona anche 2 assist; vittoria per 3-2. Terza e quarta rete rispettivamente contro Rimini e Fiorenzuola, entrambe battute per 1-0. In poche parole: segna solo gol decisivi. A 5 anni dalla sua prima presenza sull’almanacco, quale momento migliore di questo per intervistarlo? 

Ciao Giuseppe. Innanzitutto grazie mille per la disponibilità. Al Pontedera stai vivendo un ottimo momento e tra poco ne parleremo, ma vorremmo cominciare l’intervista riavvolgendo un po’ il nastro. Inizi a giocare nel Bracciano, una società del paese dove sei nato, e poi passi al Tor di Quinto, storico club di Roma che negli anni ha sfornato numerosi campioni. Conoscevi la loro tradizione? Come ti sei trovato?

“Sì, sì: sapevo tutto. Desideri, Materazzi, Zauli, Moscardelli, Antei… Tanti calciatori che poi sono arrivati in Serie A sono cresciuti nel Tor di Quinto. Io ho giocato lì solo una stagione, ma ho trovato un’organizzazione impeccabile, soprattutto considerando che si tratta di una società dilettantistica. È una società che fa crescere i giovani e li prepara al salto nei vivai dei club professionistici. È stato così anche per me, tant’è che dopo appena un anno mi ha chiamato il Sassuolo”.

I neroverdi ti notano perché nel Tor di Quinto sei protagonista di una stagione strepitosa: 41 gol in 46 presenze. A soli 13 anni, quindi, lasci casa e famiglia e ti trasferisci al Sassuolo. Come hai vissuto quel passaggio?

“Eh, all’inizio è stato un po’ difficile ambientarsi. Sono passato da vivere con i miei genitori a vivere in convitto con altri ragazzi a più di 400 km da casa. Poi però mi sono abituato. Devo ringraziare tantissimo la società: mi è sempre stata vicino, mi ha messo a disposizione un tutor e mi ha aiutato molto. Passate le prime settimane, mi sono ambientato alla grande”.

Nel 2015/16 giochi negli Allievi e segni 15 gol. Nella stagione successiva passi all’Under 17, realizzi 20 reti e per la prima volta vieni inserito nell’almanacco de La Giovane Italia. Una presenza poi bissata l’anno dopo.

“Esatto. Mi ricordo benissimo la stagione con l’Under 17 e l’uscita dell’almanacco. Ovviamente ero molto contento: ritrovarmi sul vostro libro fu un’emozione speciale. Se non sbaglio mi paragonaste a Defrel e devo dire che nelle sue caratteristiche mi ci rivedevo”.

Nel 2019/20 fai parte della rosa della Primavera e arriva la soddisfazione della prima chiamata in prima squadra. Che emozione fu? 

“Fu fantastico. Era luglio 2020, quando il campionato riprese dopo la pausa imposta dalla pandemia. De Zerbi mi convocò per la partita contro il Lecce. Vissi tutto come un sogno, ero felicissimo. In quel momento non riesci a realizzare; ti rendi conto di quello che è successo solo a fine partita”.

Concluso il percorso nel vivaio del Sassuolo, è cominciata la tua carriera da professionista. Prima di approdare al Pontedera, hai vestito le maglie di Cesena, Imolese e Gubbio. Cosa ti porti dentro di queste esperienze? Hai un ricordo particolare legato a ciascuna?

“La parentesi con il Cesena la associo alla prima volta in uno spogliatoio di grandi. Un’esperienza che mi ha fatto crescere molto. Di Imola conservo la salvezza, strappata con grande volontà e determinazione ai playout. Gubbio mi ha dato continuità. Poi purtroppo mi sono infortunato, ma fino a quel momento le cose andavano alla grande”.

Hai citato la tua prima volta in uno spogliatoio dove non ci sono solo tuoi coetanei, come invece accade durante tutto il percorso del settore giovanile. Com’è quell’impatto?

“In quella situazione un ragazzo deve capire che non è più in Primavera. Può sembrare una banalità, ma la differenza è tanta e non solo dal punto di vista calcistico. Ci sono una mentalità e degli obiettivi completamente diversi”.

A proposito di Primavera, nel 2017/18 – come abbiamo anticipato – facevi parte dell’Under 19 del Sassuolo nonostante fossi praticamente 2 anni sotto età. È un’esperienza che ti è servita? Che campionato hai trovato? Perché molti, soprattutto nell’ultimo periodo, sostengono che non sia abbastanza allenante per un giovane e non lo prepari al calcio “vero”…

“Credo dipenda tanto da giocatore a giocatore e dalle esperienze che vivi. Personalmente, credo che la Primavera mi abbia aiutato molto e mi sia servita per crescere. Nella carriera di un giovane si tratta comunque del primo campionato con le retrocessioni e (per chi è in Primavera 2) le promozioni, per cui ti inizia ad avvicinare al calcio dei “grandi”.

Arriviamo finalmente all’attualità. Da quest’anno giochi nel Pontedera. Cosa ti ha spinto a venire qui e che ambiente hai trovato?

“La risposta alla prima domanda è facile: qua ci sono lo stesso Direttore Sportivo e lo stesso allenatore che ho avuto a Imola e con cui mi ero trovato molto bene. A livello di ambiente, credo che questo sia il gruppo squadra migliore che io abbia avuto da quando ho iniziato la carriera da professionista. Siamo in tanti giovani e seguiamo la strada che ci indicano i più esperti, nonostante siano in minoranza rispetto a noi. Questo perché ci troviamo bene insieme e, soprattutto, perché si tratta di un gruppo sano, dotato di grandi valori e principi”.

Per quanto riguarda l’aspetto strettamente calcistico, sei sceso in campo in tutte le partite della stagione, giocandone 13 su 14 da titolare. Le tue prestazioni non solo sono state sempre all’altezza, ma si sono rivelate spesso decisive. Nella vittoria per 3-2 sull’Alessandria hai fatto 1 gol e 2 assist, contro Rimini e Fiorenzuola hai segnato le reti decisive… Niente male.

“È vero, tutte le volte che ho segnato poi abbiamo vinto. La soddisfazione per il gol, però, è solo secondaria: quello che conta è il risultato. E poi il merito per i successi non è stato solo mio, ma di tutti: di chi è partito titolare, di chi è subentrato… Vincono tutti. Poi ovviamente segnare fa piacere, però i complimenti vanno fatti a tutti”.

La vittoria sul Fiorenzuola vi ha consentito di accorciare ulteriormente una classifica già molto equilibrata. Al momento siete esattamente a metà della graduatoria, a 3 punti dal 7° posto e a 6 dal 1°. Che obiettivi avete?

“Il traguardo dichiarato è la salvezza. Poi ovviamente non ci precludiamo nulla. Noi pensiamo prima di tutto a mantenere la categoria e dopo vediamo cosa arriva. Nel caso fosse qualcosa di meglio, ce lo godremo”.

Questo è l’obiettivo di squadra. Quello personale? Puoi anche rispondere con un sogno che va al di là del calcio…

“A livello calcistico sicuramente miro a salire di categoria. Per quanto riguarda la vita fuori dal campo, sono sempre stato convinto che prima di tutto debba esserci la salute. Questo è ciò che auguro a me e a tutte le persone che mi sono vicine: di stare bene”.  

Un desiderio semplice, di un ragazzo che ha sempre preferito lasciar parlare il campo. E l’impressione è che, soprattutto nell’ultimo periodo, il campo abbia tanto da dire.