Ex LGI nel mondo, tra i ghiacci dell'Islanda con Martin Montipò
Ciao Martin e grazie per la tua disponibilità. Il tuo talento e le tue prestazioni ti hanno portato ad essere sul nostro almanacco nell’edizione 2017/18. Ti abbiamo descritto come una mezzala con grandi capacità di inserimento, buon cambio di passo e ordinato tatticamente. È una descrizione accurata ancora oggi?
“Diciamo che quello è il ruolo con il quale ho iniziato. Nelle mie esperienze giovanili poi sono stato impiegato anche come trequartista, esterno o seconda punta. Preferisco occupare gli spazi piuttosto che avere una posizione definita sul rettangolo verde. Molto dipende anche dalle indicazioni del mister. Qui in Islanda sto giocando come trequartista, ma se ad esempio durante una gara viene tolto uno degli esterni e si passa ad un 4-3-3 vengo impiegato ancora come esterno. Gioco dove è più congeniale per la squadra”.
Gli inizi con la Reggiana dopo esser stato prelevato dalla Fides, una delle scuole calcio più importanti di Reggio Emilia, poi il passaggio al Parma e il prestito in D al Lentigione. Cosa ci racconti di quell’esperienza?
“Da reggiano, nato e cresciuto lì, giocare per la Reggiana è stato come realizzare un piccolo sogno. Purtroppo alla fine di quella stagione (2017/18 n.d.r.) la Reggiana è fallita e quindi ho colto l’occasione di andare a giocare in Primavera nel Parma. Non nego che avrei preferito restare a Reggio e magari esordire in campionato con la maglia della mia città, anche perché non ero mai stato lontano da casa. Inoltre avrei voluto firmare il primo contratto da professionista con la squadra che tifo fin da bambino. Nonostante questo, a Parma è stata un’esperienza bellissima. In Primavera ho potuto affrontare squadre come Spal e Brescia nelle quali giocavano Salvatore Esposito e Lorenzo Lucca e si vedevano già le qualità che li hanno portati alla ribalta nell’ultimo periodo. In quell’anno abbiamo inoltre fatto un bellissimo Torneo di Viareggio arrivando fino alla semifinale persa agli ultimi secondi dei tempi supplementari. Dopo quell’anno ho firmato l’addestramento tecnico con il Parma che ha deciso di mandarmi in Serie D per “farmi le ossa”. Ho scelto Lentigione perché il Direttore Sportivo era lo stesso che c’era a Reggio Emilia e anche il mister mi aveva chiamato personalmente per farmi sentire al centro del progetto. Purtroppo però all’inizio faccio solo qualche ingresso a partita in corso, dopo un mese esonerano l’allenatore e quello che arriva a sostituirlo è un allenatore alla “vecchia maniera”. Per lui le quote giovani da far giocare per obbligo dalla Federazione sono solamente il portiere e gli esterni difensivi e in sei mesi racimolo solamente quindici minuti di gioco. A gennaio decido di andarmene e il Parma mi trova una soluzione a Felino, una società limitrofa che mi milita in Eccellenza per farmi ritrovare minutaggio. Il periodo però è il gennaio del 2020 e di lì a poco scoppia il Covid quindi riesco solamente a fare qualche allenamento con la nuova società. L’impatto con il calcio dei grandi della LND non è stato certamente dei migliori, ma tornerei volentieri per dimostrare quanto valgo”.
Proprio durante la pandemia arriva la decisione di andare in Islanda. Cosa ti ha spinto in una nazione così distante?
“Esatto, dopo il Felino e data anche la situazione generale in Italia in cui nessuno si allenava e giocava se non i professionisti non rinnovo con il Parma e resto svincolato. Ero a casa con mia mamma (di origini islandesi n.d.r.) e parlando con lei mi è tornato in mente che mio zio aveva giocato in Islanda e quindi poteva magari conoscere qualcuno che mi avrebbe permesso di allenarmi e tornare in forma. L’idea iniziale infatti era quella di fare solamente qualche allenamento, poi una volta arrivato lì invece hanno deciso di tenermi. Tra l’altro, un aneddoto curioso. La decisione arriva nel dicembre 2020 quindi arrivo a Malpensa per partire e trovo per l’unica volta nella mia vita l’aeroporto completamente deserto. Solo io, la mascherina e la mia voglia di giocare a calcio che mi avrebbe portato fino all’estremo nord. Arrivo a Reykjavík, più precisamente all’Akranes, e dopo un mese e mezzo di allenamento mi viene fatto il contratto. Ho vissuto con mio zio e i miei cugini anche perché la prima squadra aveva già tre/quattro stranieri a cui pagava un appartamento ed erano abbastanza a corto di budget. Secondo il mister però ero ancora lontano dalla forma migliore allora vengo mandato in prestito nella terza serie islandese (al Kári n.d.r.) dove colleziono 4 gol e 3 assist in 11 presenze. Tornato all’Akranes però mi dicono ancora una volta che non conosco abbastanza il calcio islandese inoltre la squadra è in piena lotta play-out. Capisco che le mie possibilità in questo club sarebbero state poche e allora ho deciso di accettare l’offerta del Vestri, in seconda divisione islandese, club nel quale gioco tuttora. Siamo riusciti a scrivere un pezzo di storia per questo piccolo club. Siamo infatti arrivati fino alla semifinale di Coppa Islandese (traguardo mai raggiunto dalla società, n.d.r.) dopo che ai quarti abbiamo eliminato il Valur, una delle migliori società islandesi, e ho pure siglato il gol del 2-1 decisivo”.
Com’è vivere in un paese come l’Islanda?
“Appena arrivato ovviamente il primo scoglio importante è stata la lingua, nonostante la mamma islandese non avevo mai approfondito la materia. Ora me la cavo abbastanza bene dai. A parte il meteo, infatti bisogna stare tutto l’anno col giubbotto, per me l’Islanda è il paradiso. I paesaggi, lo stile di vita, la serenità che si respira qui è incredibile. Non avrei mai pensato di poterci stare così bene. Dovevo essere solo di passaggio ma ormai son già quasi due anni che mi trovo in questo angolo del mondo che adoro. Il calcio in Islanda inoltre è in continua espansione. La nazione inoltre conta poco più di 350'000 abitanti e la metà di loro si divide tra il calcio e la pallamano che sono i due sport maggiormente praticati. Le società stanno costruendo diversi campi indoor e stanno investendo molto nelle strutture. Anche il calcio femminile è in continuo aumento, il Breidablik ad esempio è arrivato alla fase a gironi della Champions League affrontando anche il Paris Saint-Germain. Diciamo che qui in Islanda i migliori talenti giocano già a 16-17 anni in prima serie e poi lasciano l’Islanda per andare in nazioni vicine come Danimarca, Svezia o Norvegia in club quali Copenaghen e Rosenborg”.
Per concludere la domanda che è il fil rouge di questa rubrica. Nell’ultima sessione di calciomercato molti giovani talenti hanno deciso di andarsene dall’Italia e cercare fortuna all’estero, proprio come te. Quali possono essere le motivazioni di questa “fuga di cervelli” calcistica?
“Credo ci siano diversi motivi. Il primo che mi viene in mente è che in Italia non si dà la giusta opportunità di far giocare i giovani. Secondo me, ad esempio, la Serie C dovrebbe essere un territorio fertile nel quale far esordire ragazzi che devono fare il salto dalla Primavera, invece i pochi giovani che vengono mandati sono quelli in prestito dalle società di A o B. I mister inoltre difficilmente rischiano un giovane perchè troppo legati al risultato e al non voler perdere la partita. La Serie C per come la vedo io dovrebbe avere la panchina piena di ragazzi del settore giovanile e 20enni in campo, invece se non sbaglio l’età media è sopra i 28 anni. All’estero invece succede l’esatto opposto. Se un club ha un giovane di prospettiva lo fa giocare, fosse anche solo per metterlo in vetrina e poi rivenderlo. I club italiani pagano cifre astronomiche per tesserare calciatori dall’estero e poi giocatori come Zaniolo vengono fatti giocare in Primavera o in Serie B. Sicuramente tornerei volentieri in Italia ma solo in un club che mi permetta di dimostrare in campo il mio valore”.
Ringraziamo Martin per averci dato la possibilità di intervistarlo, noi de La Giovane Italia non vediamo l’ora di rivederti qui da noi per apprezzare ancora il tuo talento e nel frattempo facciamo un in bocca al lupo a te e al Vestri!