Parola agli allenatori: Leone Cipani dell'Under 15 del Genoa

Inizia un nuovo filone di interviste, in cui vogliamo dare spazio agli allenatori che ogni giorno vivono i ragazzi che seguiamo sui campi di tutta Italia.
11.12.2022 18:30 di Rosario Buccarella   vedi letture
Fonte: Alessandro Fontana
Parola agli allenatori: Leone Cipani dell'Under 15 del Genoa

Per cominciare abbiamo pensato di intervistare il mister della formazione Under 15 del Genoa, Leone Cipani, che al giro di boa si trova alla prima posizione del campionato con un distacco di sei punti da Juventus e Como.

Buongiorno Leone e grazie mille per la disponibilità. Ci racconti come sei arrivato al Genoa e che esperienza stai vivendo?

Sono al Genoa dalla stagione 2017/18, dopo diverse esperienze come allenatore nei campionati di promozione e eccellenza sia con prime squadre che con squadre giovanili. Ho avuto la fortuna di partecipare ad alcuni camp estivi organizzati in sinergia col Genoa che mi hanno permesso di conoscere la realtà del Grifone prima e di entrarci poi. Il primo anno ho allenato gli Under 12, mentre poi mi sono alternato tra Under 14 e Under 15 allenando i bienni dei ragazzi. Credevo dopo diversi anni da allenatore di sapere tutto o quasi sul calcio, invece nell’arrivare qui ho capito quanto studio e quante dedizione serva per poter stare in un club professionistico. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, sono molto curioso per natura e amo confrontarmi sia con lo staff che con i colleghi avversari per alzare sempre di più l’asticella”.

Quali sono per te le caratteristiche imprescindibili di un allenatore del settore giovanile?

Per prima cosa non si deve mai dimenticare quale sia il fulcro del settore giovanile e cioè il ragazzo. Non parlo subito del calciatore, ma dell’adolescente che viene a giocare a calcio e che vuole innanzitutto divertirsi. La fascia d’età che sto allenando ora credo sia quella nella quale anche io riesco ad esprimermi al meglio, perché non è solo una questione di campo, ma un allenatore deve sapere tutto dei propri ragazzi, come vanno a scuola, gli hobby, che cosa sta succedendo nella loro famiglia, come stanno emotivamente e una serie di altre cose che col calcio giocato sembra centrino poco. La caratteristica imprescindibile per me è la comunicazione, perché se non riesci a entrare in contatto con i ragazzi che alleni, potrai proporre le migliori idee di gioco sul rettangolo verde ma non stai svolgendo il lavoro più importante e cioè la formazione di giovani uomini. Nei settori giovanili professionistici abbiamo la fortuna di allenare ragazzi selezionati che hanno di base tutti un talento spiccato, con caratteristiche e picchi diversi ovviamente tra di loro. Noi come mister abbiamo, secondo me, il compito di mettere loro nelle condizioni ideali per poter esprimere questo talento. Dobbiamo fornire a ognuno gli strumenti per poter superare gli ostacoli che trovano durante il loro percorso, ma non dobbiamo forzare nulla. Credo che anche in campo il talento del ragazzo la faccia da padrone e che il fattore imprevedibilità sia quello che determina l’andamento di una gara. Sono loro che devono risolvere le situazioni in campo, noi allenatori non possiamo fare altro durante la settimana che dare degli strumenti coi quali trovare la soluzione. Una volta finita la partita, nel corso degli allenamenti magari rivediamo anche delle azioni e confrontandoci con i ragazzi chiediamo loro cosa avrebbero potuto fare in quella situazione specifica ma mai cosa avrebbero dovuto fare”.

In campo che tipologia di gioco ti piace approntare alle tue squadre?

Personalmente credo che l’obiettivo di un allenatore è quello di creare un modello di gioco e un vestito tattico che possa calzare con i ragazzi che si ha a disposizione, riuscendo a mettere in evidenza le caratteristiche di ognuno di loro. Preferisco lavorare per principi di gioco piuttosto che per codifiche definite e standardizzate perché come dicevo prima credo che ogni ragazzo in campo debba sentirsi libero di esprimere il proprio talento e non voglio ingabbiare questa possibilità dentro schemi predefiniti. Durante gli allenamenti poi, spesso, mi piace mischiare le carte e invertire i ruoli. Così facendo gli attaccanti diventano difensori e viceversa e ognuno si trova a capire meglio come fronteggiare poi un avversario avendo il punto di vista di chi durante la partita ti trovi davanti. Mi piace insegnare ai miei ragazzi la costruzione dal basso ad esempio, ma non fine a se stessa bensì spiegando loro che così facendo e con i giusti movimenti di tutta la squadra in maniera corale abbiamo la possibilità di trovare spazi che in un’altra maniera faticheremmo a trovare”.

Hai un maestro di calcio al quale ti ispiri?

Nella mia carriera ho avuto la fortuna di incrociare diversi allenatori che ora sono in serie importanti e stanno avendo un percorso di alta qualità. Se dovessi sceglierne uno direi Gian Piero Gasperini che qui a Genova, sponda rossoblù, ha lasciato un ricordo indelebile. La cosa che apprezzo maggiormente di Gasperini è la sua capacità di far rendere i giocatori molto più di quanto siano in realtà. Non è un caso che spesso ragazzi che con lui vanno molto bene fatichino ad adattarsi in altri contesti. Inoltre propone duelli uno contro uno in ogni angolo di campo e momento di gara e anche io alleno e trasmetto l’importanza di questa situazione specifica, perché credo che saltare l’uomo per creare superiorità numerica sia l’essenza stessa del gioco”.

Per chiudere, ci vuoi raccontare quali ragazzi hai avuto la fortuna di allenare e che ricordo hai di loro?

Non ho avuto la fortuna di allenarlo ma ho visto in un torneo, la Nike Cup, Nicolò Rovella e la cosa che mi ha subito colpito maggiormente è stata la sua personalità e grande intelligenza in campo. Un calciatore pensante, magari con delle capacità condizionali in quel momento non al top, ma che ero sicuro potesse diventare un giocatore vero. Ai tempi era all’Alcione, società dilettantistica di Milano, e chiamai subito il nostro Direttore che sapeva già dell’esistenza del ragazzo grazie agli scout del Genoa. Poi la maggior parte dei ragazzi che ora compongono la Primavera 2 del Grifone sono stati miei ragazzi. Da Accornero a Palella passando per Romano, tutti pronti ora per vivere da protagonisti la loro vita da calciatori. Anche nei 2008 che sto allenando ora ci sono diversi prospetti di gran talento, 5/6 sono stati convocati per il Torneo Natalizio della Nazionale Under 15 ma ce ne sono altri che magari sono un po’tardivi essendo nati dopo che secondo me hanno le potenzialità per fare molto bene. La cosa che ancora oggi mi emoziona maggiormente è vedere i ragazzi, con cui ho condiviso una parte del loro percorso quando avevano 14/15 anni, che mi salutano e abbracciano e ogni tanto mi chiamano pure per confrontarsi su alcune tematiche. Quando mi rendo conto di averli aiutati a crescere come giovani uomini capisco che ho svolto al meglio il mio lavoro, molto più che una partita o un campionato vinto. Perché non bisogna mai dimenticarsi che nei settori giovanili i protagonisti sono loro e noi allenatori dobbiamo far fiorire e sbocciare il loro talento”.

Ringraziamo Leone Cipani per la bellissima chiacchierata e disponibilità e un grosso in bocca al lupo per la seconda parte di stagione.