Eravamo LGI: Simone Andrea Ganz

Inserito nella prima edizione dell'almanacco de La Giovane Italia, l'attuale centravanti della Triestina si racconta ai nostri microfoni 11 anni dopo
16.09.2022 16:00 di  Luca Pellegrini   vedi letture
S. Ganz © (@simoneandreaganz)
S. Ganz © (@simoneandreaganz)

Cresciuto nella Masseroni, celebre società milanese, inizia presto a far parlare di sé per la sua abilità sotto porta. A lui si interessano numerosi club, tra cui i due che fanno sognare qualsiasi ragazzo cresciuto all’ombra della Madonnina: Inter e Milan. Proprio i rossoneri superano la concorrenza, anticipano i cugini e lo inseriscono nel proprio settore giovanile. Con la Primavera del Diavolo l’attaccante esplode nella stagione 2012/13, quando segna 25 gol in 26 partite e si laurea capocannoniere sia del campionato che del Torneo di Viareggio. Gioca una stagione in Lega Pro, dividendosi tra Lumezzane e Barletta, poi si trasferisce al Como. Con i lombardi, prima in Serie C e poi in Serie B, segna a raffica: più di 30 gol in un’ottantina di presenze. È l’esperienza che ne avvia la carriera da professionista. Seguiranno Hellas Verona, Pescara e Ascoli nel campionato cadetto, quindi Como, Mantova e Lecco in C. Oggi è l’attaccante della Triestina.

La Giovane Italia si era accorta di lui due anni prima del suo exploit con l’Under 19 del Diavolo e l’aveva inserito nella prima edizione dell’almanacco. Le sue qualità, infatti, cominciavano già a vedersi e, se è vero che buon sangue non mente, la carriera da bomber di suo padre lasciava ben sperare. Il ragazzo sarebbe diventato un professionista, c’era da scommetterci. E infatti, 11 anni dopo, di professione fa il calciatore. Di chi stiamo parlando? Di Simone Andrea Ganz.

Ciao Simone e grazie per la disponibilità. Nel 2011, quando giocavi nella Primavera del Milan e hai avuto anche l’occasione di esordire in Champions League, sei stato inserito nella prima edizione dell’almanacco de La Giovane Italia. Che ricordi hai di quel periodo?

“Ovviamente un ricordo bellissimo. Avevo 18 anni e mi allenavo con i giocatori più forti d’Italia (perché proprio la stagione precedente il Milan aveva vinto il campionato), quindi per me era ogni volta una grande emozione. Ho avuto anche la fortuna di esordire in Champions e per questo non posso fare altro che ringraziare mister Allegri”.

Nella tua pagina c’era il “Dicono di lui” di Stefano Nava, che aveva affermato: “Si vede che sta studiando da leader”.

“Io ho sempre cercato di essere un esempio fin da quando ero piccolo, sia per il mio comportamento in campo che fuori. Anche perché quando avevo 18-19 anni so benissimo che mio padre chiedeva ad Abbiati, Ambrosini e a tutti quelli con cui aveva giocato e vinto lo Scudetto nel 1999 come mi comportassi, indipendentemente dalle mie prestazioni sul terreno di gioco. Per lui l’educazione, il rispetto, la serietà, la voglia erano fondamentali e me ne ha trasmessa l’importanza. Io ho sempre messo questi valori alla base del mio comportamento e continuo a farlo ancora oggi che ho 28 anni”.

A proposito di tuo padre, per te è stato più un punto di riferimento che ti ha stimolato a fare meglio oppure la sua carriera ti ha messo pressione?

“Entrambe le cose. Da un lato mio padre è stato sicuramente uno stimolo per cercare di fare qualcosa di importante, dall’altro ovviamente il fatto di essere figlio di Maurizio Ganz mi ha messo spesso sotto la lente di ingrandimento. Quando facevo bene veniva sottolineato il fatto che avessi il DNA di mio padre, quando facevo male si diceva “non è come il papà”. E succede ancora oggi che ho quasi 30 anni. È una cosa che mi accompagnerà fino a quando smetterò, ma ormai ci sono abituato e ho imparato a conviverci. E poi sono convinto che ormai tutti, sia nel calcio che fuori, mi conoscano come Simone Andrea e non come il figlio di Maurizio”. 

Nel tuo percorso hai vestito anche la maglia della Nazionale. Con l’Under 19, in particolare, hai avuto l’occasione di giocare contro la Francia, il cui capitano era Pogba. Che sensazioni hai avuto quando ci hai giocato contro e, più in generale, che emozione è stata vestire la maglia azzurra?

“Beh diciamo che quando a 18-19 anni hai l’opportunità di giocare contro calciatori importanti (Pogba su tutti, ma in quella Francia ce n’erano altri come ad esempio Areola, solo per citarne uno), è sempre una bella cosa. Io comunque ho fatto tutte le nazionali fino all’Under 20 e mi ricordo che ogni volta che affrontavamo le grandi ci rendevamo conto che erano molto più avanti di noi a livello giovanile. Nella Francia, nella Spagna e nelle altre big la maggior parte dei ragazzi giocava già in prima squadra, mentre da noi o eri in Primavera o in Serie C. Da questo punto di vista il calcio estero è sempre stato avanti a noi e di conseguenza i giovani stranieri erano pronti prima”.

Hai mai pensato di fare un’esperienza all’estero? Ti sarebbe piaciuto?

“Ci ho pensato, ma in realtà non c’è mai stata un’opportunità concreta. E poi a me piace giocare qua, quindi di fatto non mi sono mai trovato nella situazione di dover scegliere tra rimanere in Italia o andare all’estero”.

Abbiamo iniziato l’intervista facendo un salto all’indietro di 11 anni, quando sei stato inserito nell’almanacco LGI. Se dovessi fare un bilancio della tua carriera fino ad ora, sarebbe positivo o negativo? E volgendo invece lo sguardo in avanti, qual è il tuo obiettivo o il tuo sogno?

“Sul mio obiettivo non ho dubbi: arrivare il prima possibile a 100 gol in carriera. Guardandomi indietro, invece, posso dirti che probabilmente non rifarei alcune scelte, però a posteriori è tutto facile. E poi non sono uno che rimpiange il passato. Forse per le mie qualità avrei potuto fare meglio, ma penso comunque di aver fatto una buona carriera. Non so ancora cosa farò dopo aver appeso le scarpe al chiodo, ma spero che manchino ancora tanti anni perché giocare a calcio mi rende felice, quindi voglio continuare il più possibile”.

Qual è stato il momento più bello del tuo percorso?

“Probabilmente il periodo al Como, perché in quel biennio ho segnato più di 30 gol e mi sono fatto conoscere nel panorama italiano. Credo sia stato il momento in cui sono diventato Simone Andrea Ganz”.

A livello di reti, comunque, anche l’ultima stagione con la Primavera del Milan non è andata proprio malissimo. Capocannoniere del campionato e 25 gol in 26 presenze…

“Sì, assolutamente, ma poi ho scoperto che il “calcio vero” è un’altra cosa. La Primavera è un po’ un campionato a sé e quando inizi ad affrontare gente più grande ti rendi subito conto della differenza. Non a caso capita che alcuni ragazzi fanno bene nelle giovanili, ma poi hanno difficoltà ad imporsi nelle prime squadre. È proprio un altro mondo”.

Un mondo nel quale il centravanti ha trovato la propria dimensione a suon di gol, distinguendosi per il proprio comportamento sia in campo che fuori, come gli ha insegnato suo padre. Modello sì, ma non più metro di paragone. Perché ad un passo dai 30 anni non è più “il figlio di Maurizio”, ma semplicemente se stesso. Simone Andrea Ganz, centravanti della Triestina, cresciuto nel Milan e sbocciato al Como.