Parola agli allenatori: Francesco Pedone del Sassuolo Under 18

Oggi è il turno nella nostra rubrica domenicale di Francesco Pedone, tecnico della formazione neroverde che milita nel Girone A.
22.01.2023 15:00 di  Alessandro Fontana   vedi letture
Francesco Pedone
Francesco Pedone
© foto di ©CanaleSassuolo

Buongiorno Francesco e grazie mille per la disponibilità. Ci racconti la tua esperienza calcistica prima dell’approdo in panchina?

“I primi passi li ho mossi a Milano in una scuola calcio del Como e son rimasto molto legato alla società lariana che mi ha permesso poi di fare anche l’esordio nel calcio dei grandi. In quel settore giovanile poi ho avuto la fortuna di conoscere Mino Favini e Angelo Massola, e una volta diventato giocatore professionista mi son reso conto della fortuna che ho avuto nell’incontrare nel mio cammino da ragazzo maestri di questo calibro. Ho vestito maglie importanti sia in Serie A che in B e l’essere stato un centrocampista che amava costruire e ragionare con il pallone tra i piedi mi ha poi invogliato a intraprendere la carriera da allenatore”.

Com’è iniziata appunto la tua carriera in panchina?

“Contrariamente a molti miei colleghi del settore giovanile, io ho iniziato con i grandi. L’ultimo anno da calciatore a Genova, sponda blucerchiata, parlando col mister Walter Novellino, il presidente Riccardo Garrone e il direttore generale Giuseppe Marotta, mi è stata fatta la proposta di diventare collaboratore della prima squadra subito in Serie A ed è stato fantastico. Sicuramente è stata un’ottima scuola, perché non è semplice passare dal rettangolo di gioco alla panchina in così breve tempo. Devo ringraziarli perché hanno creduto in me e soprattutto mi hanno dato il tempo di imparare e la possibilità di sbagliare, cosa non scontata”.

Dopo alcuni anni da collaboratore in prima squadra decidi di andare ad allenare il settore giovanile e torni diciamo in quella che per anni è stata la tua “casa”, alla Samp. Che cosa ti ha spinto ad allenare i giovani?

“Innanzitutto cambia decisamente il focus e l’obiettivo: dal dover vincere la partita della domenica al percorso da costruire insieme ad un ragazzo. Non si è più giudicati per il breve periodo e la concretezza di una vittoria sul campo. Il bello di stare con i ragazzi è l’imprevedibilità del loro sviluppo, ci sono sia alti che bassi e l’allenatore deve essere in grado di trovare la chiave per capire determinati aspetti caratteriali che influiscono ovviamente poi sul rendimento in campo, è lì che si cela il segreto. È bello quando in maniera naturale, magari anche dopo diverso tempo, vedi che il giocatore riporta sul campo quello che con fatica magari hai cercato di trasmettergli. Il protagonista è sempre e solo il ragazzo, quello che un allenatore di settore giovanile deve fare è non ingabbiarlo troppo in tecnicismi tattici ma permettergli di esprimere il suo talento come meglio crede”.

Hai una filosofia di gioco delineata o un allenatore al quale ti ispiri maggiormente?

“Iniziando con una prima squadra diciamo che le indicazioni che dava il mister le seguivo anche io e quindi anche il focus era ben diverso, come detto prima, rispetto al settore giovanile. Quando ho iniziato la mia carriera coi ragazzi è stato automatico ripensare a Favini e Massola e a tutto ciò che mi hanno insegnato loro. Nonostante siano passati molti anni da allora, credo che ancora oggi quei principi possano essere validi, ovviamente aggiornandoli grazie anche alla tecnologia che dà una grossa mano oggi. L’idea della cura e dell’attenzione al gesto e lo stile che deve avere in campo e fuori un giocatore mi sono rimasti dentro come dei mantra da seguire e li insegno ancora oggi ai miei ragazzi. Un giocatore tecnicamente pulito e bravo, oltre che coordinato, è bello da vedere e credo che la bellezza del gioco del calcio passi anche da questi insegnamenti che mi porto dietro come detto fin dalle mie esperienze giovanili. Nel calcio che cerco di proporre io il protagonista è il giocatore attraverso il gioco. Mi spiego meglio: cerco di esaltare le caratteristiche del singolo in modo da alzare il livello di tutta la squadra, perché se tutti giocano al loro massimo ne guadagna tutta la squadra. Questa filosofia e modo di vedere il calcio è stata condivisa finora sia alla Sampdoria che alla Juventus e ora qui a Sassuolo. Ho avuto la fortuna di avere diversi allenatori molto bravi poi anche durante la mia carriera da giocatore professionista. Non posso non citare Luciano Spalletti e Cesare Prandelli entrambi al Venezia, che erano molto precisi nel far capire cosa volevano in campo dai propri giocatori. Certamente però l’allenatore da cui ho preso maggior ispirazione, anche perché ho collaborato con lui a lungo, è stato Walter Novellino che mi ha introdotto anche al lavoro che svolgo oggi. Di lui mi sono sempre piaciuti il carattere e l’energia che trasmetteva poi a tutte le sue squadre, sempre caratterizzate da grande intensità nella fase di pressione. Chiaro poi che ogni allenatore prende ispirazione da quello che è stato il suo vissuto e lo declina con le proprie idee, cercando di tracciare il proprio percorso”.

Quali sono le soddisfazioni maggiori di allenare i giovani?

“Noi allenatori del settore giovanile abbiamo poco tempo da passare con i ragazzi, perché al massimo li seguiamo per un biennio all’interno della loro crescita calcistica ma soprattutto umana. La cosa sicuramente più bella è quando risenti o rivedi ragazzi con cui hai avuto modo di condividere il percorso e ti ricordano con il sorriso, ringraziandoti anche quando magari si è stati duri con loro, ma dopo anni capiscono che tutto ciò era stato fatto solo per il loro bene e la loro maturazione. Non parlo solamente del lato tecnico e tattico, ma anche e soprattutto dei valori che si cercano di trasmettere. Normale poi che quando vedo ragazzi che ho avuto debuttare in prima squadra provo orgoglio e mi sento di esser stato una parte della loro crescita. Ora, ad esempio, vedere Nicolò Fagioli e Fabio Miretti in prima squadra in pianta stabile, quando fino a poco tempo fa li allenavo nel settore giovanile, mi rende molto felice per loro. Ovvio che l’allenatore è solo una parte poi del loro successo perché la differenza la fanno loro, i ragazzi che attraverso il lavoro e la voglia di emergere ascoltano e si allenano duramente per raggiungere i loro obiettivi”.

In chiusura, come ti stai trovando in una società attenta ai giovani come il Sassuolo?

“Sicuramente la linea verde portata avanti da una società come quella neroverde è stata uno dei motivi che mi ha fatto scegliere questa società. Mi trovo molto bene innanzitutto perché condivido con Francesco Palmieri, nostro Responsabile del Settore Giovanile, l’idea che i ragazzi oltre che in campo debbano maturare anche nella vita e quindi i anche i valori da portare in campo devono rispecchiare questa maturazione. Il centro sportivo dove ci alleniamo è dotato di ogni mezzo e strumento per poter rendere al meglio, le strutture sono al top e se fossi oggi un ragazzo Sassuolo sarebbe una scelta diciamo “facile” visto quanto la società crede nei giovani e non vede l’ora di portarli in prima squadra”.

Ringraziamo Francesco Pedone per il tempo che ci ha concesso e da parte de La Giovane Italia un grosso in bocca al lupo per il girone di ritorno del campionato Under 18, che potete seguire settimanalmente su tutti i nostri canali social.