Reggiani e Inacio, i più brillanti dell’Italia. Strano che i migliori crescano lontano da casa?

Il nostro approfondimento su uno dei temi più "caldi" in ambito giovanile: l'estero è diventata la soluzione migliore per i nostri ragazzi?
25.11.2025 12:00 di  Stefano Rossoni   vedi letture
Reggiani e Inacio, i più brillanti dell’Italia. Strano che i migliori crescano lontano da casa?

La sconfitta contro l’Austria nella semifinale del Mondiale Under 17 lascia inevitabilmente l’amaro in bocca, non soltanto per il valore della posta in palio, ma per la qualità del calcio espresso dall'Italia lungo tutto l’arco della competizione. Anche nella gara di ieri, soprattutto nel primo tempo, la squadra di Favo ha confermato la propria identità: una proposta propositiva, coraggiosa, capace di mettere in difficoltà un avversario solido e organizzato. Non è bastato, ma ciò non cancella quanto di straordinario fatto fin qui.

Il cammino dell’Italia resta infatti la più grande conquista: mai prima d’ora la Nazionale era riuscita a spingersi così avanti in un Mondiale Under 17. Un risultato storico, ottenuto attraverso prestazioni di livello e una crescita costante che ha coinvolto l’intero gruppo. Un collettivo compatto, ricco di talento e personalità, nel quale molti elementi hanno saputo emergere in una vetrina internazionale di assoluto prestigio.

Tra tutti, però, è impossibile non soffermarsi sulle due individualità che più di ogni altra hanno trascinato gli Azzurrini: Luca Reggiani e Samuele Inacio, entrambi sotto contratto con il Borussia Dortmund. I numeri parlano chiaro: nelle sei partite vinte dall’Italia, i premi MVP sono andati sempre e soltanto a loro, tre a testa. Un dato che racconta meglio di qualsiasi giudizio l’incidenza dei due ragazzi all’interno della manifestazione, la loro continuità e la capacità di determinare nelle fasi cruciali. Ed è proprio qui che si apre inevitabilmente una riflessione più ampia. Come mai i due migliori talenti di questa spedizione arrivano dall’estero? Soltanto un caso o c'è qualcosa di più?

Il tema non è nuovo, ma si ripropone con forza: la preparazione, la cura dello sviluppo e l’attenzione al percorso dei giovani in Germania (e in generale, fuori dall’Italia) resta probabilmente più strutturata, più coraggiosa, più orientata a inserirli da subito in contesti competitivi. Vengono offerti stimoli e responsabilità che li aiutano a maturare, a sentirsi pronti, mentalmente e tecnicamente, per palcoscenici di livello superiore. Gli esempi non mancano. Si pensi a Inacio, convocato dal Dortmund per il Mondiale per Club disputato la scorsa estate: uno dei più giovani dell’intera competizione, immerso in un torneo che riuniva le migliori realtà calcistiche mondiali. Esperienze che, a 17 anni, incidono eccome. E che in Italia, purtroppo, rimangono lontane: i nostri ragazzi (lo sappiamo, purtroppo...) restano a lungo confinati nelle Primavere, fino ai 19-20 anni, privati di un confronto anticipato con il professionismo che altrove viene considerato normale, se non necessario.

Non è una critica gratuita, ma un punto di discussione: il talento c’è - e Reggiani e Inacio lo avevano già mostrato ai tempi di Sassuolo e Atalanta - ma la differenza, oggi, è che appaiono più pronti, più maturi, più abituati all’intensità rispetto a molti coetanei cresciuti nei vivai italiani. 

Giovedì, contro il Brasile, ci si giocherà il terzo posto: un obiettivo di prestigio e un traguardo ancora alla portata. Ma al di là dell’esito finale, resta un Mondiale che ha mostrato un’Italia viva, coraggiosa, talentuosa. Una Nazionale che ha scritto una pagina nuova e che, soprattutto, ha acceso riflettori importanti sul futuro. Un futuro che può e deve essere costruito con convinzione, continuità e lucidità. Perché il potenziale, come visto in queste settimane, non manca davvero.