Ex LGI nel mondo, in Olanda con Federico Mattiello

Oggi abbiamo il piacere di parlare con Federico Mattiello, ragazzo scuola Juventus e ora in Eredivisie con la maglia del Go Ahead Eagles.
27.11.2022 18:30 di  Rosario Buccarella   vedi letture
Fonte: Alessandro Fontana
Ex LGI nel mondo, in Olanda con Federico Mattiello
© foto di Ig (@GoAheadEagles)

Ciao Federico e grazie mille per la tua disponibilità. Sei sulla nostra terza edizione dell’almanacco, nel tuo periodo alla Primavera della Juventus. I primi calci sono vicino a casa, già a quattro anni sei al Valdottavo per passare poi alla Lucchese, dove nell’anno dei Giovanissimi segni 18 gol da capitano e praticamente attiri le attenzioni di tutto il panorama calcistico italiano. Alla fine a spuntarla è la Juve, com’è stato ritrovarti così giovane in un club come quello bianconero?

“Devo dire che è stato come sognare ad occhi aperti, ero al settimo cielo. Quando ti chiama la società migliore che ci sia in Italia è sempre un onore incredibile. Tra l’altro so che sono stato visionato a Lucca quasi per caso, un osservatore della Juventus mi ha notato e il mio nome ha iniziato a girare. Devo ammettere che non è stato un inserimento difficile, è avvenuto in maniera naturale e mi son subito adattato alla realtà torinese”.

Prima di approdare a Torino devi però fare una scelta con l’altro tuo amore sportivo: il tennis. Sei stato tra i primi Under 12 di tutta Italia, una vera e propria promessa della racchetta. Come mai la scelta del calcio?

“Per anni ho svolto entrambi gli sport in parallelo. In settimana mi allenavo in alternanza e spesso nei weekend mi trovavo a dover scegliere tra una partita di campionato e un torneo di tennis. L’ago della bilancia direi che è stata la facilità che ti dà il mondo del calcio. Mi spiego meglio: se a quell’età vai alla Juventus, pensano a tutto loro, sei spesato e provvedono anche alla tua istruzione. Per il tennis invece ai miei tempi non era così, tutto era a carico dell’atleta dalle spese alle trasferte per i tornei. Parlando con i miei coetanei spagnoli con i quali mi incontravo nei tornei internazionali di tennis avevo scoperto che la Federazione Spagnola si faceva carico di tutte le spese per loro ad esempio”.

Alla Juventus, da centrocampista centrale ti spostano sulla fascia in zona offensiva, tanto che al primo anno ai Giovanissimi segni 19 gol. Poi giochi nelle altre categorie da sotto età vincendo una Coppa Italia Primavera (tuo il gol decisivo in semifinale contro il Napoli) e una Supercoppa Primavera. L’esordio in Prima Squadra arriva il 9 novembre 2014 in un roboante Juventus-Parma 7-0. Ci parli dell’esperienza bianconera e delle emozioni provate nella tua prima partita tra i grandi?

“Lo stadio della Juve è quello che mi ha regalato più emozioni, un brivido continuo a poter calcare quel rettangolo verde. Anche il passaggio in Prima Squadra è avvenuto in maniera del tutto naturale. Venivo da ottime annate nel settore giovanile e in estate ho avuto la fortuna che il mister Massimiliano Allegri volesse tenermi in gruppo. Potevo finire in prestito in qualche squadra di Serie B o addirittura C, invece ho avuto la fortuna di allenarmi con una squadra piena zeppa di campioni. Forse proprio il fatto che ci fossero così tanti ottimi giocatori ha un po’ frenato le mie chances di giocare con regolarità, ma posso dire di esser stato alla miglior università possibile per imparare a giocare a calcio”.

Il prestito al Chievo inizia bene e trovi subito la titolarità, poi però arriva quel maledetto 8 marzo in cui subisci il grave infortunio in uno scontro di gioco con Nainggolan. Com’è stato trovare le forze per rialzarsi e riprendere?

“La cosa più difficile è stata quella di accettare che non sarei più stato lo stesso tipo di giocatore che ero stato fino a quel momento. Non potevo farci nulla, era successo e l’unica cosa che potevo fare era impegnarmi per recuperare e allenarmi per tornare a giocare. Ho dovuto fare i conti con il mio fisico e imparare a conoscerlo nuovamente da zero. Prima dell’infortunio giocavo senza pensare troppo alle possibili conseguenze, dopo l’incidente invece sono maturato soprattutto come persona e ritengo di esser diventato molto più maturo”.

Una volta tornato vai a Ferrara in prestito e poi il tuo cartellino viene acquistato dall’Atalanta e inizi vari prestiti sempre in Serie A (Bologna, Cagliari e Spezia) oltre alla stagione passata in Serie B all’Alessandria. Ci racconti che realtà hai trovato e com’è stato giocare in queste piazze?

“Ogni esperienza che ho vissuto in giro per l’Italia mi ha lasciato e insegnato qualcosa. Tranne alla Spal, dove ho giocato con regolarità, nelle altre avventure ho sempre sofferto di qualche acciacco e non sono mai riuscito a impormi come volevo. Purtroppo il brutto infortunio del 2015 ha lasciato diversi strascichi, infatti spesso ho avuto problemi muscolari, mai accusati prima di allora, dovuti al cambiamento del mio fisico”.

In estate decidi di andare in Olanda, al Go Ahead Eagles. Come mai questa scelta e come ti stai trovando in questi primi mesi?

“Avevo voglia di tornare a giocare con regolarità e quindi ho deciso di venire in Olanda, in un campionato di prima fascia. Le strutture di allenamento sono stupende e all’avanguardia, mi trovo veramente bene. Ora sono in Italia per la pausa mondiale ma non vedo l’ora, settimana prossima, di riprendere gli allenamenti e alla ripresa del campionato di riiniziare a giocare con continuità. Siamo a metà classifica e abbiamo chiuso la prima parte di campionato con diversi risultati utili consecutivi”.

In conclusione la domanda che ha fatto nascere la voglia di questo filone di interviste: perché, secondo te, sempre più ragazzi italiani decidono di andare all’estero a giocare invece di provare a imporsi in Serie A?

“All’estero possiamo dire che anche nelle piccole società si trova un’organizzazione e una cura di ogni aspetto che in Italia magari solo nei top club riusciamo a incontrare. Penso che molti ragazzi decidano di andare all’estero soprattutto per provare nuove esperienze, non solo calcistiche ma soprattutto culturali. La possibilità di viaggiare, conoscere nuovi luoghi e imparare una nuova lingua hanno un valore inestimabile. Personalmente l’Italia mi manca ovviamente, ma spesso ci sono delle logiche extra campo, come favori tra dirigenti e procuratori, che penalizzano i giocatori, i quali si trovano in difficoltà ad incidere in campo”.

Grazie mille Federico per il tempo che ci hai dedicato, noi de La Giovane Italia facciamo il tifo per te e non vediamo l’ora del tuo ritorno in campo, in bocca al lupo!