Ex LGI nel mondo, Gabriele Corbo e la sua esperienza in Canada

Ciao Gabriele e grazie per la tua disponibilità. Sei sul nostro almanacco nella stagione 2018/19. Ti descriviamo come un difensore centrale moderno, capace tanto a difendere quanto ad impostare l’azione. Come ti sei evoluto da allora?
“La descrizione è valida ancora oggi assolutamente. Sono un centrale che ama uscire palla al piede dalle retrovie per saltare una linea di pressione avversaria e creare superiorità numerica per i miei compagni. In questa esperienza che sto maturando in Canada con il Montréal sono sicuramente cresciuto, grazie anche al mister Wilfried Nancy che predilige questo tipo di gioco e vuole che i difensori siano i primi costruttori della manovra”.
Gli inizi sono con la maglia dell’Inter in cui ti fai notare in un torneo internazionale a Lucerna. Poi arriva il Benevento e la “Calcio Azzurri” di Torre Annunziata che sono le società che preparano il tuo salto allo Spezia. Ci racconti come è stato giocare nella squadra ligure?
“Spezia la considero ancora oggi casa mia. Ho passato quattro fantastici anni, quelli della mia adolescenza, e non posso che avere ottimi ricordi. È una società che tiene molto alle sue strutture, con un centro sportivo fantastico. Ho avuto il piacere di conoscere il direttore Claudio Vinazzani, che sento ancora tutt’oggi, e devo molto al mio allenatore in Primavera, Riccardo Corallo, col quale sono cresciuto molto. Inoltre è indelebile il ricordo del mio esordio in Serie B contro l’Avellino, c’era tutta la mia famiglia sugli spalti”.
Dopo l’esperienza ligure arriva il Bologna, che detiene ancora il tuo cartellino. Hai vissuto stagioni importanti con anche l’esordio in A. Com’è stato per un giovane sentire molta fiducia nell’ambiente?
“Sono arrivato a Bologna e ho subito iniziato ad allenarmi con la Prima Squadra. Mi allenavo durante la settimana con loro e poi nei weekend giocavo in Primavera 2. Nella stagione 2018/19 abbiamo vinto sia il nostro Campionato che la Supercoppa, nella quale ho segnato il gol del definitivo 5-1 contro il Pescara. Però non posso certo dimenticare la realizzazione di quello che è sempre stato il mio sogno fin da bambino: l’esordio in Serie A. Devo ringraziare Sinisa Mihajlović perché ha sempre creduto nei giovani e mi ha fatto entrare contro il Parma. Saranno stati 5 o 7 minuti al massimo ma sono in assoluto i più belli perché era il coronamento di un lungo percorso. Anche nella stagione successiva sono sceso in campo tre volte con la prima squadra, contro Milan e Fiorentina in Campionato e contro l’Udinese in Coppa Italia”.
La stagione 2020/21 ti vede invece protagonista ad Ascoli prima del trasferimento in prestito in Canada al CF Montréal. Come sono state queste ultime due stagioni e come ti stai trovando in un campionato come l’MLS?
“Ad Ascoli è stata una stagione in realtà tra alti e bassi. Son partito molto bene, con diversi minuti accumulati, ma poi anche per via di diversi cambi di allenatore ho trovato meno spazio. Nonostante le difficoltà, quando è arrivato il mister Andrea Sottil si è invertita la rotta e abbiamo raggiunto l’obiettivo della salvezza. L’estero è un’occasione capitata quasi per caso, all’inizio non ci avevo dato molto peso. Ammetto che essere così distante da casa mi faceva un po’ paura. Ora invece posso tranquillamente dirti che, col senno di poi, avrei preso questa decisione anche prima. Sono cresciuto non solo come giocatore ma anche come uomo, è un’esperienza che mi ha e che mi sta formando molto. Inoltre qui a Montréal stiamo facendo qualcosa che fino a poco tempo fa non era mai successo. Stiamo stracciando i vari record della squadra in campionato e ora siamo ai quarti dei Play-off contro il New York City”.
Vogliamo chiudere con la domanda cardine di questo giro di interviste. Come mai sempre più giovani italiani decidono di andare a giocare all’estero?
“Credo che la motivazione principale sia una soltanto: la possibilità di giocare senza paura. In Italia se un ragazzo viene buttato nella mischia e subito non è determinante si dice subito che lo si è bruciato. Ci sono troppe pressioni e l’unica cosa che conta è sempre e solo il risultato. Qua in MLS ad esempio, sono libero di giocare e sbagliare senza ripercussioni, il mio errore viene preso e analizzato in modo da migliorare, non vengo criticato se sbaglio un passaggio in impostazione perché lo sto facendo con un’idea di gioco in testa ben precisa e che vede nell’uscita dal basso una soluzione non un problema. Inoltre andare all’estero ti permette di crescere sotto tutti i punti di vista, io sono molto soddisfatto di aver fatto questa scelta. È un peccato che molti ragazzi decidano di andarsene per poter giocare, anche perché nelle nostre società ci sono diversi stranieri che potrebbero tranquillamente essere rimpiazzati da calciatori italiani cresciuti nei nostri settori giovanili che chiedono solamente la possibilità di giocare”.
Ringraziamo Gabriele per averci dato la possibilità di intervistarlo, noi de La Giovane Italia facciamo il tifo per te e il tuo Montréal in questo finale di stagione avvincente in MLS!