Ex Lgi nel mondo, Giacomo Nava e la sua avventura a Malta

Iniziamo oggi un nuovo format col quale vogliamo indagare, attraverso le parole di calciatori passati per i nostri almanacchi e ora in campionati esteri, il motivo per cui sempre più giovani decidono di continuare il loro percorso di crescita in altri Paesi. Il primo ragazzo che abbiamo contattato è Giacomo Nava, ex giovane blucerchiato, che dopo diverse esperienze in Serie D e C ha deciso di spiccare il volo verso lidi abbastanza particolari come il Kosovo e Malta, dove ora difende i pali del Birkirkara.
Ciao Giacomo e grazie per la tua disponibilità. Partiamo dagli inizi, nel 2013 sei sul nostro almanacco e nella nostra descrizione risulti come un portiere con una grande prestanza fisica, forza e esplosività la fanno da padrone, inoltre bravo ad intuire e parare rigori. Quanto ti rivedi in questa descrizione oggi?
“Direi che ci avete visto lungo. Le caratteristiche tecniche e fisiche sono rimaste sempre quelle, ovviamente incrementate con l’allenamento. La parte dove credo di essere migliorato maggiormente è sicuramente l’aspetto psicologico, fondamentale per un portiere. Ora sono pronto a tutto in campo, dialogo con la difesa e riesco a gestirla con la mia voce. Mi faccio sentire, ecco”.
Sempre sul nostro almanacco abbiamo scritto che a causa della tua crescita fisica hai sofferto alcuni infortuni ancora giovanissimo. Sei riuscito a scrollarti di dosso queste noie fisiche?
“Fortunatamente ho sofferto solo di pubalgia nell’anno dei Giovanissimi alla Sampdoria, poi non ho più avuto alcun tipo di infortunio. Vero che già da molto giovane ero alto, ma la crescita è stata costante, non ho avuto un picco e quindi sono riuscito a crescere conoscendo bene il mio corpo man mano ed evitando così fastidi muscolari”.
Dopo la Primavera con la Sampdoria inizi a girare varie squadre di D in prestito (Rapallo Bogliasco, Lentigione, Lecco n.d.r.) e arrivi in prima squadra nei professionisti in C con il Rimini dove trovi anche un buon minutaggio. Da lì decidi di andare in Kosovo (FC Llapi n.d.r.), una scelta sicuramente particolare che ti porta a vincere anche una coppa nazionale. Ci racconti perché?
“Dopo le varie esperienze in giro per l’Italia, anche a causa di un sistema che non favorisce il campo ma la burocrazia, mi sono iniziato a guardare in giro. Da lì è arrivata la possibilità di giocare in un campionato come quello del Kosovo nella massima serie, dove il livello è alto e c’è la possibilità di giocarsi anche le coppe europee. In Italia questa opportunità sarebbe stata molto difficile da realizzare”.
Dopo una breve parentesi a Toledo in Spagna ora invece sei a Malta (Birkirkara n.d.r.). Cosa ti ha spinto a scegliere questa società? Inoltre complimenti per la prima da titolare e la porta imbattuta.
“Dopo l’esperienza spagnola in cui giocavo nell’equivalente della nostra Serie C, mi sono imposto come obiettivo quello di tornare a giocare in un campionato di primo livello anche per avere la possibilità di giocarmi la qualificazione europea. Il Birkirkara negli ultimi 25 anni ha svolto per 24 anni le competizioni UEFA, è una società ambiziosa e nella quale ho trovato un ottimo ambiente. Fondamentale poi è stato anche il Mister, Giovanni Tedesco (ex bandiera del Perugia n.d.r.), che oltre ad essere un ottimo tecnico è una persona eccezionale con la quale fin da subito ho stretto un bellissimo rapporto umano.
Per ultima la domanda che sarà il tema principale di questa rubrica. Nell’ultima sessione di mercato abbiamo visto diversi giovani italiani decidere di andare a giocare all’estero, come Lucca, Viti e Casadei. Secondo te perché i giovani preferiscono giocarsi le proprie carte fuori dai confini nazionali, così come hai deciso di far tu tra l’altro?
“Non conosco bene le storie dei vari giocatori e cosa ha spinto loro a cercare fortuna fuori dall’Italia. Per quanto mi riguarda andare all’estero è stata ed è innanzitutto un’esperienza di vita incredibile, mi ritrovo a 25 anni a saper parlare 4 lingue diverse. Inoltre son cresciuto molto anche sotto il lato umano, giocare in un paese post-bellico come il Kosovo ti forma e ti rinforza. Quello che ho provato io sulla mia pelle è che all’estero si fa parlare il campo e il sistema è estremamente meritocratico. In Italia i giovani non possono sbagliare, in un attimo sono tutti pronti a puntare il dito. All’estero invece, anche se commetti un errore ma la scelta di gioco è giusta, ti incoraggiano e sono i primi a darti il cinque per rialzarti. Fino a che in Italia si guarderanno più le carte e i regolamenti, dove guadagna chi fa giocare giovani anche se non sono pronti o non si è pronti a difenderli, difficilmente credo che sarà possibile per ragazzi usciti dalle giovanili o da serie inferiori riuscire ad arrivare in Serie A. Inoltre ripensando a quella che è stata la mia esperienza in nazionale U15, mi ricordo come già tempo fa noi giocavamo contro nazioni nelle quali i nostri pari età, della Croazia ad esempio, avevano già esordito in prima squadra o in coppe europee mentre noi eravamo ancora nei Giovanissimi e il “calcio dei grandi” era un’utopia. Purtroppo mi sembra che nonostante siano passati alcuni anni non sia cambiato nulla. Bisogna tornare a far parlare solamente il campo secondo me”.
Grazie mille a Giacomo per la disponibilità e la chiacchierata insieme, noi della Giovane Italia facciamo il tifo per te e speriamo di rivederti magari nei nostri campionati per poterti ancora una volta tifare.
Nel frattempo un grosso in bocca al lupo per il tuo Birkirkara!